Syriza decide di capire cosa ne pensa il popolo greco della proposta europea e i commentatori, i critici, gli specialisti e puritani si sprecano in ragionamenti di carattere tecnico.
La questione è invece assai semplice ed è più che etica: capire se la linea di opposizione alla decisione europea, che Tsipras definisce come “ricatto della Troika”, è condivisa dal popolo greco. In parlamento la decisione è stata votata con una discreta maggioranza (179 voti a favore e 120 contro) così come nel paese c’è una timida conferma se si prende per buono il sondaggio di Kapa Research che da al “SI” un 47%.
Ecco il perché di un referendum. Perché quando un fardello diventa insostenibile, prima di appesantirlo ulteriormente, bisogna chiedere a chi lo porta se ha ancora voglia di caricarsi.
La Grecia ha un rapporto debito/PIL del 175%, l’Italia del 132,6%, mentre la media europea è del 87,4% e dunque chiaro il contesto entro cui ragionare: accettare di annegare una società e di affamare un popolo fin troppo umiliato dall’Europa. Del perché si sia arrivati a questo i greci lo sanno fin troppo bene e la sola risposta è PASOK e Nea Demokratia.
Non si tratta di una “finta democrazia”, come dice Ernesto; qui il problema non può esser visto con un’ottica open (se i documenti si reperiscano o meno facilmente) dal momento che da mesi non si parla d’altro: dalla TV alla stampa, per finire ai bar e ai barbieri della penisola ellenica. La stragrande maggioranza dei greci sa benissimo che questo è lo sforzo di un governo che cerca di salvare la dignità di un popolo e l’etica di quel progetto contenuto nel Manifesto di Ventotene. Anzi, come sostenuto da Krugman, l’eventuale vittoria al referendum conferirebbe ancora più legittimità democratica al governo Tsipras.
L’idea di Syriza è quella di rimanere in Europa nella piena autonomia di scelte politiche che non facciano decadere i livelli sociali al di sotto delle realistiche possibilità di vita. Ma non sembra essere questo l’interesse di Bruxelles. Se amate i numeri è bene sapere che la Grecia ha una spesa pubblica che è quasi il 43% del PIL e quella tedesca supera tale percentuale, con la differenza che in tutti questi anni critici la Germania è l’unico paese dove il PIL è comunque continuato a crescere. Allora, forse, ha ragione Adriano Manna quando insinua su quella strana somiglianza tra lo statuto della BCE e quello della Banca Centrale tedesca.