Una mamma in corriera. Intervista a Giuliana Laurita

GiulianaUna Laurea al DAMS di Bologna, un Master in comunicazione d’impresa e una lunga esperienza in rete (dalla parte di chi la fa, dal lontano 1997) fanno di Giuliana Laurita una digital strategist “arrivata” e una ricercatrice sul digitale di tutto rispetto.

Mamma in corriera (e poi in corriera e basta) che fine ha fatto? A proposito è vero che le mamme dicono sempre grazie?

È sempre lì. È stato il mio primo blog e penso spesso che dovrei usarlo: ci sono cose che avrei voglia di scrivere ma che in un blog “professionale” come giulianalaurita.com non ci stanno. Ma poi…
Le mamme dicono grazie e chiedono scusa – di essere mamme. È il motivo per cui è nato Mamma in corriera. Ma è un lungo discorso.

Approfitto di te che sei una studiosa di semiotica, per chiederti il perché se già Greimas sosteneva che il quadrato semiotico, in fondo, fosse solo una sorta di semplificazione, invece, con il web è diventato una panacea per comunicatori. Non è che ne abbiamo abusato (come ammoniva Eco anni fa)? 

Magari! Io l’ho sempre usato, anzi, ho sempre usato la semiotica -ecco, la semplificazione è sintetizzare tutta la semiotica nel quadrato– perché mi aiuta nell’analisi e nella progettazione delle strategie. È uno strumento potente, che se usato a caso può creare dei mostri. Del resto è così per un sacco di cose. Pensa ai problemi che può creare una pagina Facebook curata aggratis-da-mio-cuggino.

Qual è stata la strategia di marketing che ti ha dato più soddisfazione (o notorietà)?

Ogni nuovo progetto è quello che amo di più. Il mio lavoro si evolve continuamente. Sono passata dalla progettazione della presenza digitale di Barilla, Alfa Romeo (il cliente ci regalò un corso di guida sicura, spettacolare!), Corriere, a progetti di relazione molto articolati come, per esempio, Internet insegnata da un ragazzino di 12 anni per Nesquik, oppure far scrivere uno spettacolo e un libro a un gruppo di mamme blogger per Huggies; fino a progetti di pura ricerca, come quella su “l’algoritmo del successo”, per Rai. Oggi mi occupo di un livello di strategia spesso meno operativo, e poi faccio tanta formazione. E volontariato, anche, insegnando ai ragazzi e ai loro genitori come stare in rete consapevolmente. E la soddisfazione è ovunque.

strategia_digitaleCon “Strategia Digitale. Il manuale per comunicare in modo efficace su internet e social media“, scritto con Roberto Venturini, vi siete infilati in un rete fitta di manuali di ogni tipo; c’era bisogno di crearne un altro?

C’era bisogno di tornare sui fondamentali. La maggior parte dei manuali che ci sono in giro parlano di pezzetti di digitale, le digital PR, il SEO, la misurazione, i social; ma il punto di vista più ampio, quello di insieme, in cui i pezzetti non esistono ancora ma esiste un’azienda con delle esigenze, si era perso. Bisognava far capire (ai clienti e anche alle agenzie) che il digitale può essere tante cose, ricoprire molti ruoli, aiutarci a raggiungere molti obiettivi, ma deve essere pensato in un orizzonte di largo respiro: il cosa prima del come. Gli strumenti vengono di conseguenza.

È la strategia digitale che si piega all’azienda o viceversa, oppure la verità sta nel mezzo?

Nessuno si piega. C’è una strategia per ogni azienda e non il contrario: non esistono strategie one-size-fits-all. Se un’azienda non è attrezzata per una certa strategia (in termini di risorse ma anche di valori), vuol dire che non è la strategia giusta, se ne crea un’altra. Le strategie non crescono sugli alberi, vanno pensate di volta in volta sulla base di chi è e com’è l’azienda.

Chi vuol iniziare a lavorare in questo mondo deve necessariamente armarsi di una strategia (efficace)?

Sì. Poi ci sono le armate Brancaleone 🙂

Si può fare lo stesso lavoro a Potenza o bisogna necessariamente partire per Milano come hai fatto tu?

Io sono a Milano per caso. Ho studiato a Bologna e lavorato a Parigi, prima, e dovevo fermarmi solo un anno, invece ho iniziato subito a lavorare. All’epoca sarebbe stato impossibile fare comunicazione a Potenza. Adesso è diverso, il digitale ci consente di essere dappertutto senza muoverci di casa, e a parte la socialità, per la quale sicuramente Milano è il posto in cui stare, nulla vieta di prendersi l’aperitivo in piazza Prefettura invece che sui Navigli. Del resto ci sono molte persone che si occupano egregiamente di digitale a Potenza.

Insomma, Giuliana, ormai sei anche tu una guru della comunicazione digitale.

Ma quando mai! Sono una onesta lavoratrice del digitale, che quando ha qualcosa che ritiene interessante da dire la dice, altrimenti tace. E poi i guru hanno tutte le risposte, mentre io per lo più ho domande.

Cosa ne pensi dei “digital champions” del progetto di Luna?

È un bellissimo progetto. Conosco diversi digital champions, li apprezzo molto e credo che possano fare cose straordinarie, ora che hanno una “benedizione”. Grande fiducia.

Granieri ha scritto ultimamente che “non si fa una città smart senza cittadini smart”, qual è la tua idea per Potenza?

Sottoscrivo. Però parlare di Potenza mi riesce molto difficile. Secondo me c’è molto da lavorare su concetti di base, come i diritti e i doveri dei cittadini e di chi li amministra, l’educazione, i servizi, la capacità di chiedere e la disponibilità a dare. Ma i miei amici potentini sono molto severi con me quando ne parlo, dicono che non posso capire perché vivo a Milano. Magari ne parliamo off the record.

Come ci ha cambiato il digitale?

Profondamente. Ha allargato i nostri orizzonti, le nostre prospettive, le nostre opportunità. Ha fatto emergere talenti, potenzialità, risorse. Ha reso anche visibile, di colpo, tutta una parte di mali del mondo e ce li ha messi sotto il naso. Il solo fatto di poter esprimere la propria opinione in qualunque momento, dandola in pasto al mondo intero, è un cambiamento epocale, se consideriamo quanto fosse sbilanciato, prima, il sistema della comunicazione: le aziende e i media parlavano, “la gente” ascoltava. E taceva. E poi pensiamo ai servizi e a tutta l’area dello sharing: cose che hanno modificato le nostre abitudini, dalla coda in banca alla casa delle vacanze. Significa pensare, oltre che agire, diversamente da prima.
Si capisce che sono innamorata del digitale?

 

[pubblicato anche su La Gazzetta del Mezzogiorno]