Come scrivere un post?

Perché c’è sempre qualcuno che ti dice come scrivere un post?

Ci pensavo mentre leggevo questo che ne elenca 20 di consigli e ho ricordato che nei blog ci si occupa della “questione” da tanti anni.

Se, per esempio, provate a fare questa richiesta a Google, riceverete una grandissima quantità di risultati (nel mio caso circa 157 mila in 0,28 secondi) con un’alta percentuale di pertinenza alla richiesta.

Troverete decaloghi (ma anche cose svelte in tre punti) e consigli che spaziano dalle pratiche ammiccanti alle tecniche stilistiche e di marketing che pretendono anche un rigore scientifico.

L’efficacia è il risultato atteso più pubblicizzato: ovviamente si consiglia di badare all’effetto che il post deve cercare. Anche se è lapalissiano (a cos’altro può badare chi scrive in pubblico?) è quello che consigliano tutti. Massì, la voglia d’esser visitati e di attirare navigatori verso le proprie pagine deve necessariamente essere nella natura stessa del blogger… anche al punto da trascurare i contenuti.  Si, non scandalizziamoci adesso, i contenuti nel web sono aerei, o li acchiappi al volo o niente, o sei sull’onda o sei sommerso: come diceva un vecchio “guru” poi mettere lì la tua più bella idea ma se non te la legge nessuno è ancora così bella?

E’ vero di cattivi consiglieri ce ne sono ma fa parte del gioco.

L’unica cosa antipatica in tutti questi maestri che spiegano ai “dummies” è la ferma certezza binaria: fai così perché accadrà questo e poi questo se vuoi quest’altro.

E’ un linguaggio binario (due stati, due numeri) che si è esteso al comportamento.

Anche i bar camp si sono trasformati da luoghi di discussione autorganizzanti a luoghi di veloce esposizione, dove devi scartare o accettare di primo acchito ciò che vuoi (forse) approfondire.

Tale comportamento non è ovviamente pensiero, non c’è un pensiero umano binario in questi termini, ma è struttura o sovrastruttura. Potrebbe essere l’esasperazione della semplicità, della ricerca delle risposte facili, più probabili, più possibili o più immaginabili. Anche l’esplorazione del web è divenuta banale in cambio di una ricerca efficace e veloce. Ci importa se il nostro motore di ricerca conosce già le nostre domande? Certo che no.

Allora, per ritornare alla domanda iniziale, voglio dare un consiglio anch’io dopo anni da blogger, più o meno effettivi, e voglio farlo in un solo punto, con una piccola domanda e una breve risposta.

Domanda: se sei solo su una barchetta in mezzo all’oceano e non hai nient’altro che le braccia per i remi e la mente per le decisioni che fai?

Consiglio: fai un po’ come cazzo di pare.

Scrivere e rileggere

Inizio di anno e impegni per il futuro: più che fare un report del cos’é stato vorrei tentare un’arrampicata sul cosa sarà il mio impegno futuro su questo blog, anche perché il dominio l’ho già rinnovato e quindi qualcosa dovrò pure inventarmi.

Scrivo da un bel po’ di anni ma sempre con il difetto dell’incostanza (tendo ad annoiarmi in assenza di nuovi stimoli) e i post su questo blog ne sono una testimonianza lampante.

Perché è un difetto l’incostanza? Perché se si vogliono raggiungere obiettivi sicuri bisogna perseverare in costanza di argomenti. Ad esempio tra i blogger che conosco hanno avuto un qualche successo quelli che tenacemente hanno seguito una linea dritta, ovvero: si sono specializzati in qualcosa (mettendo a frutto una qualsiasi esperienza o formazione pregressa) e ne hanno fatto il loro argomento (macro o micro a seconda della materia) principale. Ne hanno parlato in continuazione e dappertutto, alcuni al limite dello spamming, ma fondamentalmente con un numero abbastanza alto di post. Hanno saputo pazientare fino ad essere riconosciuti come “esperti di” (da chi, adesso non è importante).

Anche il non amare le correzioni è un difetto non da poco.  Io, per esempio, fino a qualche anno fa non sopportavo quasi nessun tipo di revisione, soprattutto quelle di sostanza; anzi pensavo che addirittura sottraessero valore ai contenuti. Ovviamente mi sbagliavo e ho imparato,  col tempo, ad accettare le correzioni, eppure continuo a non autocorreggermi.

Qualche tempo fa incontrai un mio vecchio amico che lavorava come curatore editoriale per una casa editrice.  In breve tempo, davanti a un caffé, mi raccontò il suo mestiere con esempi esplicativi che mi fornissero un’idea del significato di “correzione”.  Anche se il senso fu molto ampio, poiché abbracciava tutto lo scrivibile: dallo stile, all’ordine, al taglio, allo snellimento, alla riscrittura, capii quanto fosse essenziale non solo saper scrivere ma soprattutto sapersi rileggere accuratamente.  Allora, quasi per scherzo, gli chiedi di guardare il mio blog (che ovviamente non conosceva), per averne un giudizio esperto sulla mia scrittura. Mi rispose via e-mail qualche tempo dopo con una “sintetica e fredda valutazione”, che diceva, più o meno, così: ” i post sono ben scritti, non manca la fantasia e sono spesso conditi con un certo sense of  humor;  sintatticamente si tende alla ridondanza con un uso eccessivo di avverbi”.  Poi concludeva dicendo che non avrei dovuto preoccuparmi eccessivamente anche se sarebbe stato opportuno uno sforzo maggiore nella rilettura, ma che, in ogni caso, stavo ben al di sopra della maggior parte degli autori che lui correggeva.

Non so ancora bene quanto quel giudizio fosse positivo o negativo ma, come diceva Stephen King, “l’editor ha sempre ragione” e quindi mi son promesso di far tesoro di quei consigli nel prossimo futuro.

Siccome ogni tanto mi capita di interrogarmi sul “che fare” di questo mio spazio non posso far altro che riconfermare il senso del mio blog come un luogo dove continuo a scrivere, più o meno,  improvvisatamente (“a ruota libera”) e con poca correzione.  Manca un argomento portante che possa caratterizzarlo e farlo emergere in forma matura dal modello di diario personale.  Ecco, questo potrebbe essere un buon proposito per il 2012, ma forse anche per il 2013…  chissà.

 

 

 

[bloggo uno] Pellegrini e il suo blog

C’era un tempo in cui esistevano i blogroll, essì perché tra tutti quelli che si dimenavano nella scrittura di un diario in digitale non ci voleva molto a tenerli insieme in una lista. Oggi chi se lo sognerebbe?
Nell’indecisione se continuare a tenere aperto questo spazio (e questo dominio) mi chiedo cosa siano diventati oggi i blog.
Ma le domande potrebbero essere più di una (servono ancora? Hanno un senso e un ruolo?) e siccome risposte non ne ho cercherò di trovare ispirazione da qualche altra parte lasciando qui e la qualche appunto.
Nella mia esplorazione random trovo il blog di Federica Pellegrini dove la nuotatrice mondiale annuncia il divorzio dal suo allenatore con la pacifica constatazione che “non e’ semplice lavorare tranquillamente convivendo cn tutto il circo mediatico che mi gira attorno…“.

Che altro dire del suo blog? Beh, che l’italiano non vive nell’acqua.  🙂

back to blog

Si ritorna sui blog? Macché… nonno’. Se ne torna a parlare, così come avviene ogni tanto, ciclicamente, giusto per smuovere le acque.
Perché Mantellini, ultimamente, ne ha scritto un elogio, perché il Mestiere di Scrivere vi si è riconosciuta dentro e perché alla blogfest, nel suo Write Camp, se ne è parlato un po’.

Si elogia lo sproloquio o la “lentezza del pensiero“: ora si premia l’attiva immaginazione ora si sfugge dall’approssimazionismo.

Io che sono costituzionalmente e tenacemente lento di pensiero e che anche praticamente sbaglio le cose più semplici e scontate, come trasferire l’hosting del blog e abbandonare tutto l’archivio dei post (pressappochismo elevato a sistema), non so neanche archiviarli  “questi pensieri” lenti…  Che’ mi resta allora?  Credo soltanto la velleità di scrivere in libertà quel cazzo che mi passa per la testa… o poco meno.

Oramai scrivo da elefante e mi presento da moscerino così da avere la visibilità di un batterio… Insomma se tempi migliori arriveranno non lo so (ma ci credo poco), di certo la strada non l’ho ancora trovata.

L'eresia del pubblicare 2

Un amico mi ha chiesto, appena l’altro giorno, il perchè della mia scarsa scrittura sul blog; gli ho risposto, d’istinto, che anche se scrivessi fiumi di bit lui non se ne sarebbe accorto comunque, visto che ne avevo già parlato poco tempo fa. Questa cosa mi ha fatto aggiungere, al mio attuale stato di apatia verso questo contenitore, la convinzione che neanche gli amici più vicini seguono i (miei) contenuti in modo sistematico. Allora sono andato a esplorare le statistiche (cosa che non facevo da anni) e ne ho tratto un identikit qualitativo (la quantita’ mi interessa meno per via del numero esiguo di visitatori) che mi racconta, sostanzialmente,  di un lettore che ignora la storia del blog (e la mia), che non si accorge delle sensibili variazioni stilistiche e grafiche e che è capitato qui seguendo la scia dei contenuti attraverso i tag. Tengo fuori da questo ragionamento, ovviamente, gli affezionati amici del web che sanno tutto o s’immaginano tutto. Del resto faccio lo stesso anch’io seguendo da tempo soltanto i contenuti, tutti ben canalizzati e ordinati, nel mio reader e visitando sempre meno “direttamente” i blog (tranne qualcuno che, per strane ragioni, da in pasto ai motori soltanto una sintesi del suo post – per inciso son quelli che poi visito ancora di meno e che poi cancello dal reader).

Questa mini indagine mi ha portato ad alcune brevi e momentanee conclusioni:
1) ho compreso, finalmente, perchè molti blogger (ma di quelli che hanno sempre saputo cosa facevano e continuano a saperlo oggi) hanno reso “mininali” i loro ambienti mentre curano con grande perizia quella specie di clustering del webdue che fa rimbalzare i post sui vari social. La qual cosa implica necessariamente che almeno un paio di cose sono inutili:

  • accogliere i lettori in pompa magna e stupirli anche con effetti scenici;
  • esporre la propria immagine e la propria intimità ma lasciarla in quei posti dove lo si fa molto meglio.

2) Pur con una diminuzione dell’attività di scrittura i visitatori non dimiuiscono, anzi spesso aumentano e in gran parte provengono dai social dove hanno, anche, già visto tutto di te.

Questo, in fondo, mi rincuora perchè mi consente di rilassarmi ancor di più nella scrittura e chissà, domani, concentrami un po’ meglio sui contenuti, anzi sulle categorie a cui dedicarmi più intensamente.

L'eresia del pubblicare

Perché ultimamente pubblico pochi post sul mio blog ?
Sicuramente perché ho altro da fare, ma soprattutto perché da un po’ di tempo utilizzo un metodo diverso nell’editare i miei post: lo abbozzo e lo lascio nelle bozze e poi, quando ho più tempo, lo guardo meglio, l’aggiusto e quindi lo pubblico.  Pensavo che in questo modo avrei pubblicato più post, forse due o tre a settimana. Macché…  restano li a decantare, anzi a invecchiare, non li riprendo, non li riguardo e non li pubblico, anzi dopo un po’ li cancello (con molta più metodicità di quando li scrivo).

Questo nuovo metodo cosa ha prodotto?
Soltanto un’attività di cancellazione.

Cosa resta di quest’attività di cancellazione?
La consapevolezza che ancora scrivo, che il mio blog non vive una crisi quantitativa né qualitativa e che quindi questo blog ha un senso e una funzione. Ma sopratutto ho rafforzato l’idea della scelta: scrivo, scarto e forse pubblico, in definitiva scelgo; decido il se, il come e il quando far conoscere (o rivelare) qualcosa a qualcuno.

Una sorta di eresia, in senso originale (di coloro che sceglievano dopo attenta valutazione), è ciò che mi pervade… ecco perché anche quando vedete questo blog muto pensate a qualcuno che dietro scrive ma non rivela.

(almeno per il momento)

(me) too blog

Qualche tempo fa,  forse un po’ incazzato per qualcosa,  scrivevo di blog, o meglio accennavo qualcosa sui blog personali e ricordo di aver letto nello stesso periodo riflessioni simili come questa e altre ancora.

Ma ne è passato di tempo, perché parlarne adesso ?

Perché è un momento “buono” per riflettere, come Wittgenstein tra le bombe e le pallottole.  Di quale bombe o pallottole parlo ? Ma di Facebook e di qualcuno che, senza girarci tanto intorno,  mi ha chiesto il motivo per cui io continui a scrivere, aggiornare e riflettere attraverso un weblog.

Potrei rispondere con semplicità che sono fatti miei, ma non è educato e poi non è neanche  vero.  Io non ci credo a quelli che s’inventano fantasie solitarie, del tipo: “scrivo per me stesso e se qualcuno mi legge peggio per lui/lei”.  Che senso avrebbe avere uno strumento condiviso e aperto nella rete se non si vuol essere letti o addirittura trovati ? (ho sempre pensato che tutti quelli che “tenevano un diario” intimamente speravano che qualcuno, prima o poi, glielo leggesse).  Beh, che vi piaccia o no, il blog è un’esposizione di noi stessi, del nostro pensiero, di quello che siamo o che vorremmo far credere di essere.  Ed è proprio a causa di questa esposizione che spesso i blog vacillano e arrancano. Non ho numeri statistici (non li ho neanche ricercati) ma ho visto blog fermi da un anno con i loro curatori che si sfrenano in Facebook a parte, forse, 140 caratteri in twitter e qualche link e qualche foto sparsa o replicata tra FriendFeed e Tumblr. Insomma se una buona parte di blog “va a puttane” grazie a social network “sovra-super-esposizionali” allora questi blogger non erano proprio una “categoria”.  Anche quando si comportavano come una categoria, rivendicando questo e quello, correndo dietro alle stesse cose, facendo risse iperboliche e polemiche approssimative, non erano una classe. Forse l’unica cosa che li accomunava (e continua ancora a tenerne insieme un po’) era il principio del gioco attraverso la misurazione.  Ecco dove i blogger fanno categoria, nel misurarselo (ce l’ho più lungo). Per tutto il resto sono persone con tanta voglia di scrivere e di raccontare e (a parte quelli che lo facevano e continuano a farlo perchè scrivere o vendere è il loro mestiere) per i quali un weblog è un luogo adatto per farsi trovare e per tentare timide o sfacciate presentazioni.

Ora c’è Facebook. Si potrebbe non aver bisogno di tutto questo.  Si scrive ugualmente un post ma con una forza in più perchè puoi taggare direttamente tra i tuoi contatti e, in qualche modo, obbligarli a venirti a leggere. Metti le immagini che vuoi, linki e condividi link di ogni tipo e ricevi anche il “mi piace”. Parli e discuti anche con quelli che il blog non l’hanno mai conosciuto. Puoi creare gruppi e riunire persone che amano parlare anche del “sesso degli angeli” e se vuoi crei anche un evento associato. Ricevi la posta e anche gli aggiornamenti sulle pagine che ti interessano. Giochi e inviti i tuoi amici a giocare con te.

Insomma che c’è di meglio di Facebook ?

Perchè non chiudo questo blog per il quale devo anche spendere non poco tempo ad aggiornare versioni e plugin, modificare temi e inserire widget ?

Perchè il blog è casa mia e Facebook è la strada, la piazza affollata su cui si affacciano anche le finestre del mio blog. E voglio tenerli insieme, uniti e separati. Perchè in piazza incontro tutti: vicini, conoscenti, amici con i quali posso parlare della partita della domenica e di donne ma anche di politica e filosofia; ma a casa vengono soltanto gli amici quelli che fanno le scale a piedi e vengono a suonarti alla porta soltanto per il piacere di stare con te e per trascorrere una serata di chiacchiere d’avanti a un bicchiere di vino.

Ecco perchè, perchè il blog è casa mia.

Dove vanno i blog?

Ma dove vanno i marinai
con le loro giubbe bianche
sempre in cerca di una rissa o di un bazar…

In un commento a un post precedente l’amico Antonio mi diceva che Facebook oramai sta affossando i blog. In verità è un’opinione abbastanza diffusa e molti amici hanno la stessa impressione (anche la mia cara prof. aveva gli stessi dubbi).

Io continuo a ripetere che Facebook, in quanto social network, svolge un ruolo diverso e migliore dei blog e se ne assottiglia un po’ lo fa soltanto nella direzione di quelli tenuti in piedi da “curatori estemporanei”.

Probabilmente il blog non è mai diventata una vera e propria moda e questo, credo, sia stata la sua vera fortuna.

Sicuramente il futuro prossimo ci vedrà impegnati in strumenti e sistemi diversi, probabilemnte transcomunicanti  ma angoli del tutto autonomi di gestione credo che difficilmente spariranno. Dunque il terreno del blog può rimanere fertile caratterizzandosi, come del resto stanno già facendo la maggior parte, più per l’approfondimento e la lunga meditazione che per l’aggiornamento pressante di questi ultimi anni.

Se prima bisognava scrivere uno o due pezzi al giorno per mantenere, se non accrescere, la fidelizzazione al proprio blog, oggi questo non è più necessario. Già con gli RSS, con i vari socialnetwork, i microblogging e  iltumblr i compiti e gli spazi del blog si erano via via sistematizzati. Da ambiente di scrittura “generico” a trecentosessanta gradi (con slanci a volte portalistici)  era divenuto, abbastanza velocemente, un luogo di interessi sempre più specifici. Adesso, a maggior ragione, tutta l’euforia da incipit, da chiacchiericcio e da rimbalzo (e tutta la passione per la condivisione) può essere incanalata in Facebook che questo lo fa veramente veramente molto bene.

L’esempio di questa tendenza, all’approfondire, ci viene dai carcerati per i quali curare un blog sta diventando il nuovo modo di comunicare con l’esterno, almeno stando a quel che dice Sam Stanfield.

Insomma, il blog ha lentamente spento il motore e naviga a vela: è più silenzioso, ha meno “nodi”  a disposizione,  fa meno miglia, ma in compenso ci vogliono buone braccia e tanta fatica per farlo andare avanti.

Perdonate la metafora ma mi serviva per ricollegarmi alle parole della canzone di Dalla citata all’inizio e anche per rilanciare la palla ad amici più esperti di me dei quali sarei felice (ma più curioso) di conoscere la loro opinione.

:)

Torno subito

Separa

Simone Damiani è un regista che ha deciso di fare un film e distribuirlo, gratis, via internet.

Credo che la scelta sia stata dettata da motivazioni pratiche e necessarie (il non aver trovato case di produzione che investissero sul film) oltre a qualche piccolo “calcolo da rete”. Tra MySpace, Facebook e un blog su WordPress il film ha avuto più di tremila download in una sola settimana.

Resta il fatto di un progetto ideato e realizzato con poche risorse che si pone prepotentemente all’attenzione degli addetti ai lavori. Damiani e tutta la troupe si dichiarano:

un gruppo di giovani professionisti del settore cinematografico che hanno un solo scopo nella vita: dimostrare che si può fare cinema senza essere “figli di…” e senza “darla a…”.

dunque professionisti che oggi usano internet ma che domani, quando avranno agganciato il produttore giusto, rientreranno nella canonicità dell’esercizio della propria professione.

Ed è giusto anche questo, l’utilizzo di mezzi liberi per raggiungere un risultato di visibilità. Ma questa non è certamente una novità e tanti “blogger” lo sanno molto bene.  Non capisco perché qualcuno parla di “coraggio” e altri di “medioevo”. L’operazione (sia chiaro, per me è meritoria) utilizza a pieno la tecnica di marketing propria della rete ed è sviluppata con estrema cognizione di causa.

A me ricorda il primo film di Moretti girato in Super8 e diffuso garzie a un grande passaparola, ma soprattutto a qualche partito e qualche movimento , d’altronde questo era l’unico marketing dal basso di allora.

Quindi nulla di nuovo sotto il cielo della diffusione attraverso “i nuovi media”, allora guardiamoci il film, discutiamo di quello, recensiamolo e apprezziamolo come opera prima di giovani che non avevano altri mezzi per farsi conoscere. Ma poi il cinema, resta sempre il tempio del film.

Tagging blog posts

Quanto tempo impiega un blogger nell’aggiornamento del blog?

A questa e ad altre domande risponde l’ultima indagine che Technorati ha condotto sulla blogosfera.

Un blogger su quattro impiega circa dieci ore settimanali per aggiornare il proprio blog, solo un 15% impiega meno di un’ora alla settimana.

Mentre la maggior parte dei blogger gestisce da solo il proprio blog, uno su dieci paga un esperto per questo servizio e uno su cinque (Aziende) impiega personale a tempo pieno o part-time.
Secondo i dati di Technorati i blog più frequentemente aggiornati hanno maggiore authority rispetto a quelli con aggiornamenti discontinui.

L’uso dei tag è abbastanza frequente e una classifca stilata a giugno 2008 ne raccoglie i più popolari:
1. News (191.403)
2. Musica (71.531)
3. Video (63.855)
4. Internet (56.849)
5. Blog (56.733)
6. Politica (53.986)
7. Vita (52.805)
8. Business (50.413)
9. video (40.162)
10. Film (36.205)
11. Tecnologia (35.456)
12. Famiglia (34.745)
13. Viaggi (33.172)
14. Sport (31.646)
15. Entertainment (28.413)
16. Software (28.269)
17. Diario (28.499)
18. Follie (28.230)
19. Art (25.852)

Le categorie più gettonate sono, invece: news, musica, video e politica.

Otto blogger su dieci utilizzano il commento diretto sul proprio blog e hanno attivo un feed RSS. Una minoranza inserisce video e foto e aggiorna il blog attraverso dispositivi mobili.

Come un blogger attira attenzione (e visitatori)?

Techorati dice che i blogger sono veri e propri esperti delle risorse che generano traffico.
Le strategie principali sono: “listing their blogs” su Technorati e su Googlee, commentare o linkare altri blog che partecipano a un blogroll o a una blog directory; ma ricordarsi: tagging blog posts” è l’unico modo per essere trovati facilmente. Conta molto anche essere collegati ad altri siti web e avere un buon numero di link in ingresso (i migliori ne hanno in media 30).
Per “fidelizzare” l’utente, il blogger cerca di creare eventi appositamente pensati per i suoi lettori (il blogger conosce il proprio target).

Alla domanda: “avete creato un evento per i vostri lettori ?” il “Corporate blogger” risponde per ill 10%, quello professionale per l’8% e il blogger “Personal” per il 6%.

La stragrande maggioranza dei blogger monitorano le visite alle pagine almeno con cadenza mensile, mentre il 5% non se ne cura affatto. Gli strumenti più utilizzati sono Google Analytics (utilizzato da 2 a 3 blogger), SitemeterStatcounter (da 1 a 5 blogger), il 42% utilizza più di un servizio.

Regole per un blog

Chi l’ha detto che un blog debba essere una democrazia rappresentativa, o una forma di socialismo anarchico, oppure la sputacchiera malferma di un angolo informatico… Io resto fermamente convinto che un blog, come proprietà privata (come casa propria), è quello che ci piace (non che “sappiamo”) fare, ci piace dire o pensare in un dato momento. Ecco perchè quelli che (la maggioranza) hanno un blog come il mio (diario on line) di cazzeggio “avariato”, che fanno di mestiere qualcos’altro (che il proprio mestiere non include necessariamente un blog) si interrogano in modo cadenzato sul perchè di un impegno comunicazionale.

Però quelli come me ogni tanto restano allibiti di fronte a disclaimer simili:

Non ve la prendete se il vostro commento verrà tagliato, modificato o eliminato: per evitare che questo succeda, sforzatevi di essere concisi, di rispettare persone e opinioni, e per quanto possibile di non andare fuori tema. Cercheremo di farlo anche noi.

Modificato !!! Lo so che in casa d’altri non si bestemmia, non ci si scaccola, non si rutta né si scorreggia ma pretendere che l’ospite parli per forza la nostra lingua, con il nostro accento e non commetta errori (anzi gli facciamo trovare un fogliettino con su prestampato il commento) è proprio il massimo.

Leggetevi il commento (quartultimo) di Valentina al post di Maistrello che, secondo me, centra bene l’argomento “regole di un blog” e che io interpreto come possibilità di “eliminazione dei commenti”, soprattutto per chivorrebbe censurare, modificare, tagliare.