Kirill Mikhailov, per la rete Reggamortis, è un citizen journalist russo che qualche tempo fa sul suo blog aveva scritto che il futuro del “reportage” era stare dentro le manifestazioni e trasmetterle in diretta da diversi lati possibili per poi concentrare il tutto in una sola piattaforma. Così il 9 maggio, durante un’ennesima manifestazione anti Putin, con il proprio smartphone collegato a un notebook nello zaino, ha seguito tutti gli avvenimenti trasmettendoli in streaming su Ustream.tv.
Per capire oggi che peso ha avuto la cosa (niente calcoli e statistiche derivanti dai contatti) basti pensare che la piattaforma usata per lo streaming della manifestazione ha subito un attacco DDoS da una infinità di indirizzi IP russi, kazaki e iraniani come a Ustream non gli era mai capitato.
L’obiettivo è stato quello di interrompere il flusso di rete verso quel fastidioso reportage anti-presidenziale di Mikhailov. Insomma per tradurla in linguaggio radiotelevisivo nostrano è un po’ come la cacciata di Santoro dalla Rai dopo quel famoso “si contenga“. Ovvio, con le dovute differenze sia perché a Mosca la “repressione” va un po’ meno per il sottile e anche perché la TV è veramente “di stato” come sarebbe piaciuto proprio a Berlusconi.
La russia sarà pure la grande patria di cracker e hacker ma qui la rete ha una logica che supera i pruriti informativi nostrani, qui le TV o le agenzie non seguono Twitter o Youtube per stanare notiziuole e la logica di rete è strettamente legata al proprio valore informativo.
A parere del Governo “di tecnici” la riforma del lavoro è un’operazione abbastanza vasta e vitale per l’Italia tanto da metterla in campo come un grimaldello che sollevi il paese dall’impasse economica e renda il nostro mercato più moderno. Il meta-grimaldello della proposta Fornero è l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Ecco 2 parole-chiave: modernità e articolo 18, l’una chiave dell’altro e viceversa.
L’articolo 18 dello “Statuto dei Lavoratori” è quello che disciplina i casi di licenziamento illegittimo del “singolo” lavoratore nelle aziende con più di 15 dipendenti. Un datore di lavoro può “giustamente” licenziare un singolo dipendente se dimostra, al Giudice del Lavoro, la fondatezza del suo provvedimento, in caso contrario sarà obbligato a reintegrare (non riassumere ex novo) il lavoratore il quale, per sua scelta, potrebbe anche optare per un equo indennizzo.
L’idea di Fornero è quella di liberare le aziende dall’imposizione di “reintegrare” il lavoratore e, anche in caso di illegittimo licenziamento, obbligare i datori di lavoro soltanto al semplice indennizzo. Secondo il “tecnico” si tratta di un allineamento dell’Italia alle politiche del lavoro maggiormente diffuse in Europa ma, soprattutto, riprendere quell’idea di modernità cara alla “destra italiana” e tracciata nel 2002 da Biagi con il “libro bianco”.
La CGIL è l’unico sindacato che rimane fermo nell’opporsi alla “la libertà di licenziamento”, mentre la CISL ritiene che l’accordo raggiunto è “un compromesso onorevole“, poiché rafforza la protezione dei lavoratori.
La UIL per sua natura deve tentennare un po’ e prima sostiene che “la proposta del Governo e di Confindustria sull’art.18 è inaccettabile” e poi, invece, si accoda alla CISL.
Il PD, che come al solito si divide su tutte le scelte fondamentali, presenta un asse Fassina-Bersani che parla di “un passo indietro molto ampio” contrapposto ad uno Veltroni-Ichino che parla di “tabù dell’art.18” e di ottima azione governativa.
Inutile citare la posizione di Lega e Forza Italia che furono già artefici della legge Biagi (citata prima) mentre l’IdV si lancia su posizioni ultracgillista annunciando “guerriglia” in parlamento.
E il nodo dov’è? E’ proprio nel senso della parola modernità e lo stesso Monti lo sottolinea più volte nei suoi interventi: modernità non è solo riforma del mondo lavorativo ma anche “ri-stabilire” i rapporti nelle trattative. Con le parti sociali ci si confronta ma non ci si accorda, solo alla politica spetta l’ultima parola e la decisione finale. Insomma la modernità trasforma anche il significato di trattativa o concertazione che diventa semplice “consultazione”: ti ho ascoltato con interesse, grazie ma adesso faccio da me.
Ecco dove ci si divide, sulla modernità e tale concetto, banalmente, dipende dall’angolazione con la quale si guardano le cose; ancora più banalmente da come i propri interessi politico-economici sono coinvolti nelle scelte.
Continuando con le banalità c’è chi si chiede se la modernità sia di sinistra o di destra ma credo che sia meglio cercare di capire se sia invece cosa per i molti o per i pochi. Prendete ad esempio l’art.18, se eliminarlo è moderno allora serve ai pochi se mantenerlo è moderno allora serve ai molti (è una garanzia per i molti ma è un freno per i pochi). Allora è bene capire da che parte si sta: da quella dei molti (democrazia) o da quella dei pochi (oligarchia). Se la modernità è democrazia allora deve necessariamente tendere all’interesse “diretto” dei molti (dico diretto perché intravedo già coloro i quali cercano di spiegarti che l’effetto indiretto è per i tutti; proprio come quei soldi prestati alle banche europee all’1% di interesse!); se è l’oligarchia ad essere moderna vuol dire che le cose stanno andando per il verso giusto. Insomma… basta intendersi.
E’ successo di nuovo, nella Basilica della Natività di Betlemme greci ortodossi e armeni stamani si son “presi a mazzate”.
Sono cristiani che litigano sulle competenze territoriali all’interno della chiesa. Vi Sembrerà strano ma se le danno di “santa ragione” solo per stabilire a chi tocca pulire la chiesa; ma attenzione: chi vince pulisce, che avevate capito?
Nei primi anni ottanta studiavo Horacio Quiroga per un seminario di letteratura iberoamericana. Ricordo che alla fine di quel seminario ciascuno di noi studenti elaborò un breve saggio sull’autore e sui suoi racconti. Io scrissi lungamente (con la mia piccola Olivetti) analizzando il personaggio della morte in tutti i racconti contenuti in “Cuentos de amor, de locura y de muerte“. Sostenni che la morte, pur apparentemente in antitesi, altra ed estranea era, ossimoricamente, vitale nei suoi racconti: un po’ per fatti biografici (il padre morto in un incidente di caccia, il patrigno suicida, due fratelli morti per la febbre tifoidea, un amico ucciso per errore dallo stesso Quiroga e poi la moglie, lui stesso e due figli tutti suicidi) e un po’ per genere letterario (era nota la sua ispirazione a Poe) la morte era probabilmente la vera protagonista dei suoi racconti; ma era una morte normale che si accompagnava alla natura delle cose e degli uomini e come tale era accettata e mai rifuggita.
Queste cose mi son tornate alla mente alla notizia della morte di Lucio Magri e ho pensato (come Valentino Parlato) che certo «avevamo bisogno di lui della sua intelligenza e del suo impegno» ma che era giusto così. Quella morte voluta e cercata proprio come si cerca qualsiasi altra cosa. Diceva un amico l’altro giorno: “ma cosa gli mancava? Non stava bene?”… Ma perché bisogna essere disperati per desiderare di morire? Perché non si può voler morire semplicemente perché non si vuol più vivere? Perché siamo un “Paese di bigotti”, come dice Puxeddu: uno può impiccarsi o gettarsi giù da un ponte ma sempre con un gesto disperato. Noi riusciamo a digerire soltanto l’anormalità che rientra nella norma; la morte razionale, la morte voluta e cercata con normalità, senza disperazione facciamo fatica a comprenderla.
Certo tutto questo ragionamento diventa duro e difficile da assimilare quando chi sceglie la morte è una persona vicina, cara, amata. Ti resta la rabbia: una rabbia assurda che non riesci a spiegarti e che forse…. non è normale.
Probabilmente in ritardo (ma forse ancora in tempo) il buon Antonio ingrandisce con lente bifocale un argomento da agenda lucana: la “card–carburante” che il buon governo mette a disposizione dei lucani a mo’ di risarcimento per le devastazioni ambientali causate dalle trivellazioni petrolifere.
Il rimborso di circa €90,00 dovrà essere richiesto a Poste Italiane ma soltanto da coloro che esibiscano la patente!!!
Sorvolando, come fa Antonio, sull’esigua entità del rimborso (quasi ovunque in Italia ammonta a 30 euri mentre in Basilicata sarebbe di 90) e anche sul fatto, non meno importante, che una buona parte di questi soldi sono maggiorati da un prezzo “inutilmente” pagato a Master Card e a Poste Italiane (proprio come accadde con la fallimentare carta dei poveri); mi pare urgente invece, sottolineare il concetto di cittadinanza che è insita in questa decisione, ovvero: secondo questo governo è cittadino (lucano) non chi risulta tale da una carta di identità o documento simile rilasciato dal comune di residenza ma semplicemente da un permesso di guida. In sostanza è come se ci dicessero: andate a votare con la patente e non con il certificato elettorale.
E’ questa, a mio avviso, l’aberrazione più totale: l’innovativa riscrittura di una regola di acquisizione della cittadinanza che, probabilmente, concederà d’ora innanzi la Motorizzazione Civile.
Di modi per distribuire questi rimborsi ve ne sarebbero stati a migliaia, a partire dal fatto di presentarsi con una carta di identità da qualche parte o vederseli recapitare a casa, così come vengono recapitate le tasse, direttamente dal comune o da quei solerti uffici esattori che per 2 lire ti bloccano l’auto. Insomma chi conosce è sa chi sia cittadino è il comune che sa a chi spedire un assegno non trasferibile e non Poste Italiane.
Ma il concetto resta uno solo e cioè una inutile furberia elettoral-populista che con questo stratagemma prende 2 piccioni con una fava: risparmiare su una buona fetta di popolazione (minorenni, anziani e non patentati) e far intascare un po’ di soldi a Poste Italiane e a Master Card.
Cosa resta da fare a noi poveri cittadini?
Rifiutare la carta organizzando e motivando pubblicamente il rifiuto attraverso la costituzione di comitati “cittadino” che diano risalto all’evento. E se non lo si fa adesso…. quando?
Per dire no (al nucleare, all’acqua privata, al legittimo impedimento) si deve mettere una croce sul Si.
4 Si perché:
Il primo SI sulla scheda rossa è per abrogare la norma che affida la gestione del servizio idrico ai privati.
Il secondo SI sulla scheda gialla serve ad abrogare la norma che prevede che le tariffe idriche siano determinate in base alla remunerazione del capitale investito.
Il terzo SI sulla scheda grigia vuol dire abrogare la norma che prevede la realizzazione di centrali nucleari sul territorio italiano.
Il quarto SI sulla scheda verde abroga la norma che prevede il legittimo impedimento per premier e ministri, che consente a questi di non comparire davanti ai giudici per motivi istituzionali.
Avevo già sbirciato questi dati qualche giorno fa ma dopo il rilancio della notizia da parte della TGR ho deciso di condividere lo sconforto per realizzare a mio modo un “mezzo gaudio”.
Si tratta dei dati statistici rilevati dall’ISTAT sulla lettura dei libri (dell’anno 2009) dai quali ne vien fuori che in Italia “soltanto” il 45% della popolazione (dai sei anni in su) dichiara di aver letto almeno un libro.
La percentuale dei lettori italiani è inversamente proporzionale all’età anagrafica: il 65% de i lettori hanno 14 anni mentre il 23% ne ha 75. Di questi le donne leggono più degli uomini (il 51,6% rispetto al 38,2%) con una punta massima di giovani lettrici (tra i 20 e i 24 anni) al 66%.
Sorvolando sugli elementi che influiscono di più sulla scelta o l’abitudine di leggere un libro (titolo di studio, condizione professionale, ecc…) resta impressionante il divario tra tra nord e sud.
La nota di sconforto è vedere la nostra regione classificarsi quartultima con il 35,8%.
Ma se in generale noi italiani siamo un popolo di “lettori deboli” (leggiamo al massimo 3 libri in un anno), noi lucani lo siamo ancora di meno.
E se gli italiani divenissero lettori della domenica come i francesi a noi, al massimo, ci resterebbe l’ombrellone.
Allora può essere utile interrogarsi sulla natura della formazione delle idee politiche e chiedersi su quale strato culturale si sostanziano le scelte collettive?
Il perché della manifestazione nazionale a Potenza lo leggete qui.
L’evento è importante e nella città non si parla d’altro. Ma di cosa “altro” vorreste sapere? Non certo di mafie, massonerie e poteri occulti ma dell’invasione degli estranei, ovvero (per parafrasare il titolo di un noto film, dell’INVASIONE DEGLI STRA-CORPI). Si, i potentini si preoccupano delle strade chiuse, dei parcheggi, di quando fare la spesa (“meglio andare oggi ché domani è un casino”), di dove parcheggiare e altre varie preoccupazioni. La stampa locale, gli amici contenti e l’informazione istituzionale non nascondo la preoccupazione logistica di una piccola città di fronte allo tsunami umano di san giuseppe.
Ecco la sostanza: la città dovrà ospitare più di 50.000 persone il che significa una invasione nel senso più figurato possibile se si tiene conto del fatto che Potenza è popolata da circa 70.000 residenti.
Sarà sicuramente una prova di tenuta e speriamo che gli argini resistano. 🙂
Venerdì sera (5 marzo) è stato approntato quell’urgente decreto che tutti sapevano imminente e che avrebbe salvato le liste elettorali presentate in ritardo o mancanti delle firme necessarie. Stiamo parlando ovviamente delle liste alle regionali di Roma e di Milano (Polverini e Formigoni in particolare).
La sostanza del decreto è tutta nell’accertamento della presenza del presentatore della lista all’interno (o nei paraggi) del sito deputato all’accettazione delle liste e che tutta la documentazione relativa possa essere verificata anche dopo (timbri, vidimazioni, ecc…).
Poi ci sono anche un paio di cose circa il ricorso al Tar delle liste ammesse e non ammesse ma che saranno applicate a partire dalle prossime elezioni.
Il nostro Presidente (che a Rionero in Vulture gridò in faccia ai contestatori «che ci posso fare») ha firmato il provvedimento.
Insomma, come dice Luca De Biase nel suo buzz, è come se in una partita di calcio, la squadra che ha perso (magari proprietaria del campo e del pallone) a fine partita, invocasse a viva forza un tempo supplementare perché il risultato non è di suo piacimento (cosa che non piace neppure i tifosi di quella squadra).
Tutto questo farà rinvigorire qualche girotondo in più e farà alzare il tono di qualche discussione ma poi tutti in fila a votare.
Anzi forse è meglio così perché la sponda offerta dall’avvenimento potrebbe dare più forza alla retorica dei comizi. Tutti grideranno di più e infervoreranno le folle arringando sulle ultime malefatte.
Secondo Giuseppe Civati «la norma ad paninum è comunque anticostituzionale» e quindi potrà essere impugnata: ma intanto vale per il periodo elettorale. E Quindi? Che fare? «Non votarli», è la risposta logica.
Sencondo Brunetta a fine anno tutte le scuole invieranno ai genitori un sms per informarli sulle assenze dei propri figli.
L’idea gli sarà venuta quando ha scoperto il T9?
La notizia non è proprio una grande novità, non foss’altro per il casino che per molto tempo gli atei del nostro paese (ma anche i buddisti) hanno sempre fatto ad ogni inizio di anno scolastico. Oggi l’eco è maggiore perchè la nostra società, che diventa sempre più multietnica, inizia a fare i conti con mentalità e culture diverse e meno inclini alla “sopportazione” come la nostra. In italia l’ateo o il non cattolico vive quasi clandestinamente e senza forza all’interno di una cultura cattolica (socialmente accettata) annacquata che mette in riserva, in disparte, la propria cattolicità per i tempi più bui. Ti permettono l’agnosticismo un po’ più volentieri perchè, secondo molti, significa soltanto non porsi il problema (per il momento ma poi si vede) continuando ad accettare i riti e le funzioni religiose di tutti i giorni: ci si battezza, ci si sposa e si muore sotto la benedizione di un parroco ma senza farci troppa attenzione.
Più della croce-simbolo, scelta religiosa di stato, bisognerebbe preoccuparsi del perchè uno stato democratico si ostini a “insegnare” la religione cattolica nelle scuole. Ma anche lì vince l’annacquatura popolare: pochi dispensano il proprio filgio e tutti gli altri fanno qualcos’altro in quell’ora.
Siamo un popolo di cattolici-fai-da-te che si inventa proprie regole interne per vivere in pace…. non con gli altri, attenzione, semplicemente con se stessi; con le proprie convenienze e con i propri egoismi (propri o famigliari).
Siamo un popolo che scopre altarini di santi e madonne in ogni covo mafioso che viene alla luce.
Le nostre convenienze ci portano a fare quel che ci piace o ci conviene, tanto alla fine in qualche modo ci salveremo con un pentimento, con un perdono.
E allora perchè toccarci quel crocifisso, non ce ne frega niente ma non da fastidio a nessuno e poi…. non si sa mai.