Già da un po’ di tempo era stata avvistata la presenza di star (in genere televisive) all’interno del Twitter nostrano e probabilmente la prima grande star a lanciare i suoi primi tweet è stata Simona Ventura. Poi pian piano tutti a seguire fino al caso eclatante di Fiorello che, in pochi mesi (o forse giorni), ha portato il fenomeno alla ribalta: se oggi al bar e negli uffici si parla anche della tweettata tra @mehcadbrooks e la @canalis (e si conosce perfino il significato di hashtag ) è sicuramente merito suo.
Il fenomeno è stato analizzato in modo serio da Giovanni Boccia Artieri al quale, ovviamente, rimando per approfondimenti vari e mi fermo, com’è il mio solito, sottolineando interrogativamente alcune questioni: 1) perché le star si infilano sui social network ? 2) Cosa ne viene ai social?
Sulla prima questione sono convinto che la “colpa” (non in senso negativo) stia tutta stipata nelle tecniche di questa nuova leva di esperti in comunicazione i quali consigliano, nelle loro strategie, di stare dentro i fenomeni sociali e di battere il ferro finché è caldo. Si tratta di una “nuova” cultura (un nuovo vangelo che sulla scia delle vecchie sperimentazioni condotte negli USA, pone in cima alla check list la parola “marketing”) tutta incentrata sulla comunicazione pubblicitaria che, semplicemente, vede il “prodotto” come una volpe che deve abitare il pollaio (“il cliente”) e che, quindi, quando piomba nel social network deve poterne tirare fuori soltanto il succo interessante.
Sulla seconda questione, invece, credo che ai social ne vengano fuori due cose a prima vista antitetiche ma che in definitiva sono strettamente collegate tra loro. La prima è resa benissimo nel finale del post di Giovanni («la forza dirompente della Rete sta nell’aver reso i rapporti orizzontali [e che] pensare a nuove verticalità sarebbe un triste passo indietro»), ovvero: il social sembra subire una corruzione di natura spaziale, l’orizzontalità che tende alla verticalità. La seconda è che proprio questa tendenza alla verticalità rende più popolari i social rafforzandoli proprio nella loro natura sociale proprio quando da elitari (o semi elitari) divengono popolari. Credo che il caso di Facebook spieghi meglio di mille parole quello che cerco di dire. Il social ne vien fuori bene e meglio da queste iniezioni di “verticalità” poiché cedendo piccolissime quote orizzontali ne riguadagna tantissime altre e con una forza propagatrice pari a quella delle onde sonore.