Dice Wikipedia che Giuseppe Granieri, nato a Potenza nel 1968, è un saggista fondatore di uno dei primi siti letterari italiani (da tempo diventato il suo blog), che si occupa di digitale da tanti anni. Ha scritto “Blog generation” (arrivato alla quarta edizione e tradotto anche in portoghese), “La società digitale” e “Umanità Accresciuta“. Ha collaborato con “Il Sole 24 Ore”, ha lavorato alla progettazione di musei con Carlo Rambaldi; è stato direttore editoriale di 40k (“una delle sette piattaforme che sta cambiando l’editoria”). Attualmente collabora sia con la “La Stampa” che con “L’Espresso” oltre a insegnare presso l’Università Carlo Bo di Urbino.
In generale non è facile definire le persone o raccontarle agli altri; la strada facile è quella di far parlare le loro biografie. Ho usato Wikipedia per non accollarmi l’onere della sintesi, perché conosco Giuseppe e potrei parlarne per tutto il post. Io aggiungo soltanto che è uno di quelli che sta sempre un passo più avanti (credo che i suoi occhiali non gli servano a correggere la miopia ma a vedere oltre i muri, le cose, le persone, il tempo… ma è solo un sospetto), infatti ama definirsi “futurista”, nel senso di essere proteso verso il futuro. Altra particolarità è che nulla riesce a sradicarlo dalla sua città dove, da poco, ha dato vita a “Kloe ” un’azienda di comunicazione dal respiro internazionale.
Giuseppe, c’è scritto in grande sulla home del sito di Kloe che fate una “comunicazione di alto livello a portata dei piccoli business e dei grandi progetti”.
È più banale di quanto sembri. Oggi la circolazione sui media parte soprattutto sul digitale (il mobile, ad esempio è lo strumento con cui cerchiamo un ristorante, o un’azienda locale, o cosa comprare). I giornali non li legge nessuno e sono almeno 40 anni che si dice che il giorno dopo servono a incartare il pesce. Al massimo li leggono gli anziani nei bar o i pensionati che hanno tempo per sedersi ore in poltrona. Poi ci sono i politici che fanno finta di credere che quello che si scrive su carta abbia un impatto sulla scena pubblica. Ma suppongo che sia solo alimento per le loro beghe interne, nulla che interessi lo sviluppo del territorio.
Su internet invece lo scenario è più complesso. Per ciascuno di noi è rilevante l’opinione dei suoi amici e della gente che stima. Ma il digitale ha barriere di accesso quasi nulle, un qualsiasi sedicenne può avanzare delle competenze. Mentre invece c’è chi fa ricerca e chi studia le dinamiche. E che sa progettare la comunicazione in modo strutturato. E credo i territori (non solo la Basilicata) abbiano necessità di pensiero meno banale. Noi cerchiamo semplicemente di fare questo. Abbiamo un network internazionale da Potenza, ma Internet è anche questo- un modello che prova a lavorare sulle intelligenze distribuite. Il nostro motto è: «L’obiettivo non è essere bravi a comunicare in rete, ma essere bravi a fare business perché si comunica bene».
La comunicazione è uno strumento, per quanto immateriale, che nella vita di un’azienda è importante. Ma parte da quello che si ha da comunicare. dall’organizzazione aziendale. Dalla cultura di lavoro e di prodotto. Non lavoriamo chi non ha questo.
Perché per spiegare cos’é Kloe, dite cosa non è?
Perché tutti si vendono dicendo quando son bravi, spesso usando un linguaggio che non è proprio né dell’azienda né del cliente. E perché non ci interessano clienti che non hanno nulla da comunicare. Non si vende fumo, porta risultati solo a breve scadenza.
Sei sicuro di aver fatto bene a scegliere Potenza come sede della società?
Io venti anni fa ho deciso di rimanere a Potenza, perché sono convinto che lamentarsi non serve. Da Potenza si possono fare cose belle, o almeno provarci, e resto di questa idea. Credo che chi si occupa delle beghe locali senza guardare l’orizzonte sbagli. Ma la statistica dice che ho abbastanza probabilità di sbagliare io.
Team e Network di grande rilievo assicurano il risultato?
No. La comunicazione esperta è un risultato. Se non hai il messaggio, se non sai progettare il risultato non ha senso comunicare. Quindi la comunicazione è un fattore di progettazione aziendale, che deriva dall’eccellenza che fai e dal mondo che hai di essere rilevante per qualcuno.
Cosa ti ha lasciato l’esperienza da startupper? Credi ancora che bastino buone idee e grandi intuizioni?
Una sola lezione, che sono due. Per comunicare devi essere interessante. E per essere interessante devi progettare il tuo business per essere interessante prima ancora di iniziare il lavoro. D’altro canto sono 15 anni che lavoro ovunque tranne che a Potenza, pur vivendo a Potenza.
Tu ti definisci, anche, un “ibrido multifunzione che vive sulla frontiera”…
Questa l’ho rubata a un tipo svizzero, a un convegno a Lugano. Ma per essere un uomo di relazioni, sono un disastro. Credo faccia parte dell’essere uomo oltre che professionista, con difetti e forse qualche pregio occasionale. Non ricordo volti e nomi. In ogni caso, sono laureato in letteratura spagnola, ho fondato il primo sito letterario italiano (nel 1996), ho vissuto su un unico principio, pensare che se vuoi fare qualcosa di bello non devi giocare il campionato che giocano gli altri ma lavorare su nuove idee. E che se non ti diverti tu non si divertono i tuoi clienti
Che cosa insegni ai ragazzi che frequentano i tuoi corsi a Urbino?
Che vivere in provincia e fuori dal mondo non è più un limite. Che devono farsi conoscere e mostrare in rete quanto sono bravi. Arrivano all’Università senza prospettive come sembriamo esserlo noi potentini. Ma è un errore.
Si parla molto in questo periodo delle opportunità da cogliere per Matera 2019, ma come si fa a coglierle anche lontano da Matera?
Due cose, al volo, ma il discorso sarebbe lungo. Primo, non tirarsele coi turisti, come i materani stanno facendo. Secondo: idee nuove. Modelli nuovi. Pensiero. Manca pensiero
Da “futurista”, cosa c’è dopodomani?
Sarei ricco se lo sapessi. Ma abbiamo strumenti per provare a capirlo. Bisogna studiare le tendenze ed essere pronti a non fare la fine di Kodak.
[pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno]