Per Angelo e Simone

Ricevo l’invito di Nathan2000 a pubblicare un post in sostegno di Angelo Falcone e Simone Nobili, detenuti in India con l’accusa di possesso di 18 chilogrammi di droga. Il caso non è isolato ma riguarda oltre 3.000 nostri connazionali detenuti in paesi esteri e di cui le istituzioni italiane poco si interessano.
Per sostenere la causa bisogna pubblicare (tutti il 22 ottobre) la lettera che segue, da spedire agli indirizzi e-mail delle principali figure istituzionali italiane, e quelle di alcune testate giornalistiche tra nazionali e locali.

Ecco il testo della lettera (da copiare e incollare nell’e-mail):

Egregio signore,

“È ciò che ci chiedono i Cittadini”, è una frase che spesso, troppo spesso, abbiamo ascoltato in TV, pronunciata da tutti, dico tutti, i rappresentanti dei suddetti Cittadini che siedono in parlamento.
Chi le scrive è uno di quei Cittadini di questo Paese, di quei cittadini che ancora credono, in maniera piuttosto forte, alle Istituzioni. Finora non mi è mai capitato di sentirmi fare, da qualcuno dei parlamentari di questa Repubblica, la domanda: “Cosa chiedi, carissimo Cittadino, a noi tuoi rappresentanti?”.
Non voglio inoltrarmi in polemiche e critiche immotivate… non ci penso e non ne sarei capace. Vorrei, soltanto, rendere noto a Lei quale sia il mio concetto di Stato; concetto che posso semplificare come segue: lo Stato è un Padre che deve (ma soprattutto, Vuole) occuparsi dei propri figli senza riserve e senza tentennamenti; Un Padre è colui che si precipita a rotta di collo dal proprio Figlio ogni qual volta ve ne sia la necessità; ogni volta che si presenti una difficoltà che implichi un aiuto, un consiglio, un intervento di qualsivoglia natura.
Un Padre amorevole ma, all’occorrenza, inflessibile. Inflessibile quando sia palese un cattivo comportamento di un suo figlio. Un Padre pronto a comprendere, ma pronto anche a punire, se lo merita, un figlio che si sia comportato in modo non adeguato alle regole familiari.
Questa lettera nasce dopo mesi di riflessione su di una vicenda particolare di cui poco si parla: l’arresto e la detenzione in India di un nostro concittadino. Il suo nome è Angelo Falcone, ed è stato arrestato, con il suo amico Simone Nobili, dalla polizia Indiana con l’accusa di detenzione di 18 kg di droga. Seguendo il blog del padre di Angelo, Giovanni Falcone, ho scoperto che di nostri cittadini detenuti all’estero ve ne sono più di 3.000! Non ho potuto verificare di persona, pertanto mi debbo fidare delle cifre fornite dal sig. Falcone… ma non ho motivi per dubitare di quanto affermato sul suo blog. Allora, la mia domanda è la seguente: questi nostri concittadini detenuti all’estero sono figli di questo Padre-Stato? Se sì, come mai le istituzioni di questo paese non si comportano come si comporterebbe un Padre nel caso di un proprio figlio? Ad Agosto, per Angelo Falcone e l’amico Simone, c’è stato il verdetto di Condanna a 10 anni. La possibilità di ricorso in appello ha come termine perentorio il 23 ottobre… il tempo stringe! Mi aspetterei, da un Padre, una corsa in India per vedere di persona come stanno le cose. Giovanni Falcone non riesce a parlare con suo figlio neppure telefonicamente. E, da quanto mi capita di leggere sul suo blog, l’interessamento delle Istituzioni di questo Paese sulla faccenda è, per così dire, insufficiente. Come se il Padre-Stato abbia già emesso giudizio di condanna sul proprio figlio, ed abbia deciso di punirlo per la mancanza commessa. Mi sarei aspettato, nel caso particolare di Angelo e, più in generale, nel caso dei nostri oltre 3.000 connazionali detenuti in penitenziari esteri, un atteggiamento differente. In fondo, bisognerebbe domandarsi se in tali paesi esistano quelle garanzie che sono caratteristiche di un qualunque Stato di Diritto degno di questo nome. Siamo sicuri che l’India garantisca gli imputati secondo tali canoni? E tutti gli altri paesi in cui sono detenuti nostri concittadini? Ecco: un Padre dovrebbe correre in soccorso di un proprio figlio per cercare di garantirgli tutto il necessario per affrontare le vicissitudini in cui è incappato. Se, con tutte le garanzie del caso, si dovesse dimostrare un “ERRORE PALESE” commesso dal Figlio, allora il Padre avrebbe tutti i motivi per punire tale errore. Voglio sottolineare il fatto che, più volte, Giovanni Falcone ha dichiarato che, se sulla base di un processo serio ed equo, suo figlio Angelo dovesse essere riconosciuto colpevole, sarebbe il PRIMO a pronunciarsi per la detenzione. Per un processo serio ed equo, segnato, cioè, da tutte le garanzie che vengono concesse nel nostro paese a chiunque incappi nei meccanismi della legge, le Istituzioni italiane si sono mosse? Nel caso di Angelo e dei più di 3.000 già citati, è stato fatto tutto ciò che andava fatto?

Concludo dicendo che, da Cittadino di questa Repubblica, chiedo alle Istituzioni tutte, di occuparsi dei propri Figli detenuti all’estero. In virtù del fatto che il mio sentire lo Stato è forte, e altrettanto forte deve essere la risposta dello Stato ai propri cittadini. Se ciò non dovesse essere possibile mi troverò nella bruttissima condizione di figlio di un Padre non disposto ad occuparsi di me… fatto che, per il mio modo di sentire lo Stato e le Istituzioni, non mi lascia tranquillo affatto.

Distinti saluti

Questi gli indirizzi a cui spedire l’email (per evitare lo spam ho messo at al posto della chiocciolina @):

  • Presidente della Repubblica
  • – presidenza.repubblica at quirinale.it

  • Presidente della Camera dei Deputati
  • – http://presidente16.camera.it/servizio/30/mail.asp

  • Presidente del Senato
  • – schifani_r at posta.senato.it

  • Ministro degli Esteri
  • – gabinetto at cert.esteri.it

  • La Repubblica
  • – larepubblica at repubblica.it

  • Corriere della Sera
  • – http://www.corriere.it/solferino/main_mieli-form.shtml

  • Il Quotidiano della Basilicata
  • – direttore at ilquotidianodellabasilicata.it

  • La Nuova
  • – nuovabas at tin.it

  • Mi manda Raitre
  • – mimandaraitre at rai.it

  • Matrix
  • – http://www.matrix.mediaset.it/dillo.shtml

  • Report
  • – http://www.report.rai.it/RE_segnalazioni/0,1067380,,00.html

  • Striscia la notizia
  • – http://www.striscialanotizia.mediaset.it/segnalazioni.shtml

  • Le Iene
  • – http://www.iene.mediaset.it/segnalazioni.shtml

  • Porta a Porta
  • – portaaporta at rai.it

  • Radicali italiani
  • – info at radicali.it

    Povertà

    Tengh’ la capa vlozz’ vlozz’ nun pozz’ magnà mi manca nu vrazz’…

    Iniziava così una poesia intitolata “il Poveruomo” di zio Peppino Viggiano che rappresentava, per me, una sorta di archetipo del povero di paese.

    Ma che cosa è la povertà ?
    E’ facile per chiunque comprendere il concetto di povertà identificandola con una situazione di indigenza economica, è una tautologia, e ricercare la parola povertà da qualche parte non ci illumina più di tanto. Perchè conosciamo bene l’opposizione “avere non avere” è dentro di noi, fa parte della nostra cultura “lievitazionale”. Ovunque, qualsiasi popolazione del globo, differenzia l’esistenza sociale tra chi ha (e/o può avere) e chi non ha (e/o non può avere). Ecco perchè ci scandalizza così poco parlare di povertà e non sappiamo andare oltre l’argomento retorico. Anche la complessa idea di Paolo di Tarso che tutto ci è stato dato in uso e non in proprietà, non è potuta mai diventare comandamento ma consiglio, invocazione, missione.
    Ed è proprio il concetto di proprietà (e la sua contraddizione) ad essere la base di tutti i conflitti ideologici e sociali della civiltà.
    Sradicare la ricchezza non è diventata mai una idea radicale di massa perchè proprio il concetto di povertà (e di proprietà) è assai complesso. Pensiamo al fatto che in persiano, per esempio, esistono più di 30 termini per indicare un povero; in Africa si usano da tre a cinque termini e nella Torah se ne usano otto.
    Quindi, chi sono i poveri ?
    Sulla quantità approssimativamente si può dire che i poveri sono la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, non foss’altro per reggere il concetto di ricchezza. Identificare un povero, invece, è più arduo. Majid Rahnema, dice che nel mondo ci sono tanti poveri e tante percezioni della povertà quanti sono gli esseri umani.
    Quindi possiamo dire che ciascuno di noi ha una propria idea di povertà il che porta a pensare che potremmo non essere in grado di identificare i poveri della nostra collettività o anche della nostra famiglia. L’ISTAT parla di povertà assoluta e povertà relativa defininendo la prima come classe di individui che non sono in grado di acquistare il “paniere” di beni e servizi e l’altra come famiglia composta da due persone con un consumo inferiore a quello medio pro capite.

    Se poi guardiamo i numeri di questi ultimi anni (quelli italiani) vediamo che la percentuale delle famiglie che dichiara di avere almeno un problema nell’acquisto di alcuni beni e servizi essenziali, come cibo, gas, luce, telefono e cure mediche, è salito vertiginosamente. Trovarsi oggi in condizioni di povertà combacia sempre più con la privazione che l’individuo subisce nei confronti dei consumi medi della sua comunità.

    Da ciò poi partono a raffica meccanismi complessi e tragici per i quali le famiglie si indebitano eccessivamente perchè non riescono ad acquistare prodotti attraverso la propria dotazione finanziaria.

    Se dovessimo chiedere ad un passante quanto deve guadagnare un cittadino per non essere considerato povero, per l’ISTAT questi dovrebbe rispondere 1.300 euro per un single e 1.800 euro per una coppia (le famiglie numerose dovrebbero guadagnare più di 2.000 euro mensili).
    Provate invece a chiederlo anche voi ai vostri conoscenti, ai vostri colleghi e se volete a qualche passante e verificherete di persona l’aderenza o meno della stima sulle percezioni, io so di certo che una larga maggioranza di precari, pensionati e famiglie monoreddito vivono con molto, ma molto meno, se poi non lo percepiscano come povertà è un altro paio di maniche.

    Sciopero della pagnotta

    Le associazioni dei consumatori invitano tutti i cittadini a non acquistare tutti quei prodotti che hanno subito un gravoso aumento di prezzo (rispetto a un anno fa il prezzo della pasta è aumentato del 26%, il pane del 16%, pollo e patate oltre il 40%) per giovedì 18.
    Si chiede inoltre “una tariffa sociale elettrica estesa anche al gas e l’Iva sul gas metano al 10% anche per il riscaldamento, sanzioni per le scuole e gli insegnanti che non rispettano il tetto di spesa previsto dalla legge, cartellini “antispeculazione” che indichino il prezzo di vendita al dettaglio accanto a quello finale, un meccanismo che obblighi le società petrolifere ad adeguare il prezzo della benzina alla discesa dei prezzi del greggio, non solo ai rincari, la riduzione delle accise da tempo promessa dal governo. E ancora: un recupero fiscale (con detrazioni o bonus) per almeno 300 euro a famiglia, delle maggior tasse che le famiglie stanno pagando per via dell’inflazione.

    Secondo il dossier preparato dalle associazioni, gli aumenti comporteranno un aumento medio di € 617 a famiglia:

  • € 180 in più per il riscaldamento;
  • 120 per i prodotti alimentari (spesa anelastica all’interno della quale le speculazioni sono maggiori poichè sono prodotti che bisogna necessariamente acquistare);
  • € 55 per l’RC auto;
  • € 62 per la scuola;
  • € 312 per il gasolio, e € 204 per la benzina;
  • € 32/39 per il ristorante;
  • € 732 per l’affitto di casa.
  • Raddoppiate le spese per la manutenzione, per i mutui se a tasso variabile, e per l’ICI (€ 49 al mese in più pari a € 588 annui).

    Allora il 18 si protesta e si invita il presidente del Consiglio ad adottare provvedimenti in difesa del potere d’acquisto (i consumi sono scesi del 3-4%, mentre l’inflazione reale è ben più del 4,1% e si appresta a salire intorno all’8%) e a prevedere misure sanzionatorie laddove sono evidenti le speculazioni, come per gli aumenti di pane e pasta.
    Si aggiunga anche una utilissima sospensione di 3 ore dell’utilizzo del telefonino, così come proposto da un forum di Kataweb, per inviare un segnale forte alle compagnie telefoniche che proprio in questi giorni stanno mettendo mano, unilateralmente, alle tariffe.