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Potenza felix [2]
I limiti della comunicazione efficace (post di servizio)
Monopoli è una bella cittadina pugliese famosa per la sua costa, il suo mare e forse anche per le sue multe selvagge.
La città che vede quintuplicare la sua vivacità nel periodo estivo offre alla solerte amministrazione maggiore occasione di lavoro per i vigili urbani. Il codice della strada prevede la possibilità di riservare posti per la sosta dei residenti in presenza di ZTL oppure di aree di sosta a pagamento (quelle con le strisce blu), dove è possibile prevedere agevolazioni per i residenti.
A Monopoli no, non si evidenzia alcuna ZTL e tanto meno un’area con sosta a pagamento (strisce blu) ma solo un minuscolo cartello col quale si avvisa che su quel lato della strada (di via Mameli) la sosta è per i soli residenti. Ovviamente la stragrande maggioranza dei turisti che non vedono quel piccolo cartello all’inizio della strada ma soltanto delle normali strisce bianche parcheggiano ignari “del pericolo”. Questi, infatti, non conoscono la solerzia della polizia municipale locale che “pattuglia” con costanza quella strada. Sarà forse perché abita poco distante… o chissà cos’altro…. Resta il fatto che quest’Amministrazione comunale poco fa per dare maggiore evidenza di quell’area riservata ai residenti.
Il troll che s'aggira nel tech
Cos’è il troll dei brevetti, Patent Trolls o “non-practicing entities” (NPE)?
La questione non è proprio nuovissima visto che se ne parla già da una dozzina d’anni, ma è il dato che è diventato preoccupante. Ne parla TechHive ed è una nuova “pratica economica” messa in moto da aziende o società che “producono/accumulano” brevetti al solo scopo di innescare poi procedure di risarcimento verso tutte le grandi aziende tech. Ne sanno qualcosa Apple che è la prima della lista (la notizia è infatti riportata anche da Melamorsicata), HP, Samsung, Microsoft, Sony, Dell, LG, AT&T e altre 4.200 aziende citate in giudizio per NPE nel 2012.
La pratica funziona perché i tempi per la risoluzione delle controversie si aggirano intorno ai tre anni e quindi le grandi aziende preferiscono acquistare le licenze con un accordo stragiudiziale.
E’ stato stimato un profitto annuo intorno ai 90 miliardi di dollari e un costo, o “tassa troll”, di 1040 mila dollari all’anno per le imprese con un fatturato annuo inferiore a $ 1 miliardo, e di 57.670 mila dollari per quelli con redditi oltre $ 50 miliardi di dollari.
Un buon affare quindi, finché dura, visto che il Congresso sta discutendo sul come ridurre l’impatto di NPE.
La Smart City sei tu ma i sindaci non lo sanno
Dice Davide Bennato che le Buzzword più di moda oggi sono i Big Data che, a parte le motivazioni economiche, rappresentano un “vero cambiamento del modo con cui gestire i processi sociali, economici e culturali”. E’ ovvio che quest’idea va inevitabilmente connessa a quella di Smart City. Senza una lettura (intelligente) dei dati del traffico, dei rifiuti, dell’energia, dei trasporti, ecc…, è difficile poter palare di città intelligenti.
Proprio per farsi un’idea di cosa significhi tutto questo la General Eletric ha realizzato una miniserie per raccontare come la città di Datalandia gestisce intelligentemente i propri dati salvando i cittadini da vampiri e alieni.
Quello che mi colpisce di più nell’idea della General Eletric, oltre al simpatico sequel, è la possibilità di diventare un personaggio dei video, proponendo la propria faccia e il personaggio attraverso una pratica interfaccia grafica.
Questa cosa vi sembrerà pure una cavolata della strategia della comunicazione ma viene, forse inconsapevolmente, sintetizzata l’essenza della città intelligente. Se guardandovi intorno scorgete talvolta sindaci tuttofare che non si preoccupano delle idee altrui perché troppo impegnati a sviluppare energicamente le loro, preoccupatevi voi perché è un danno quasi irreparabile. Se nella vostra città si parla di contenitori di hub, di nodi e di collegamenti, ma non trovate un modo per dire la vostra allora v’é capitato il sindaco-manager, quello che usa la fascia tricolore come una falce per mietere solo consensi politici “interessati”.
Se la Smart City dev’essere l’insieme delle reti interconnesse (trasporti, elettricità, edifici, relazioni sociali, acqua, rifiuti, ecc…) e di interventi tesi a una maggiore sostenibilità a 360 gradi, questo deve significare necessariamente una maggiore qualità dei servizi, in uno, una migliore qualità della vita. Non possono bastare solo i dati e la loro lettura; ciò che rende intelligente il suffisso “smart” è la capacità di creare interazioni stabili ed efficienti tra cittadino e amministrazione. In una parola sola: non è il cittadino che si adatta alla città ma, al contrario, la città che si adatta al cittadino.
Una primitiva forma di oppressione
Fousiya Musthafa, una presentatrice televisiva di Kerala, nell’India meridionale, è finita sotto la gogna morale per aver definito la purdah, la pratica di indossare il velo da parte delle donne musulmane, “una primitiva forma di oppressione”.
Il direttore del canale televisivo India Vision invece di difendere Fousiya ha affermato che si è trattato di un equivoco derivante da una disattenzione nella correzione del copione.
Dopo le dichiarazioni di Fousia anche il suo profilo Facebook è stato inondato da commenti violenti, insulti e diffamazioni ed è stato condiviso da quasi duemila utenti.
[via Global Voice]
Voto il Movimento 5 stelle perché non è un partito
Ho tanti amici che cercano di convincermi a non votare per il Movimento 5 Stelle o, come dice la maggior parte, per Grillo. A quelli a cui ho detto che sono anni che non voto mi hanno risposto che avrei fatto bene a continuare così. E allora vi rispondo e vi sintetizzo le mie ragioni.
Innanzitutto fatemi premettere che il Movimento 5 Stelle (M5s) non è un partito è non ha ideologie “finalistiche” da difendere, ma solo una serie di obiettivi da raggiungere su cui si può concordare o meno. In secondo luogo sia il programma che le liste elettorali sono stati formati completamente in rete, con ampia discussione sui meetup. In terzo luogo non ha bisogno di tenere su l’ambaradan dei partiti con tanto di sedi, segretari e addetti a vario titolo (e soldi che girano vorticosamente); se non avete la minima idea di cosa significhi questo, anche solo in termini economici, può voler dire solo due cose: o non sapete cos’è un partito e/o un’organizzazione politica perché non c’avete mai avuto a che fare, o non sapete proprio di cosa parlate perché credete ancora a babbo natale.
Questa piccola premessa contiene già gli elementi primordiali della democrazia e se la cosa vi apparirà strana è solo perché non l’avete mai agita.
Ho un’esperienza politica tale da conoscere partiti, politici e i meccanismi che li sorreggono e se nella vostra vita avete fatto altro vi svelo un segreto: i partiti (piccoli, medi o grandi) sono strutture complesse che non si reggono su idee, programmi o interessi comuni (forse su interessi diffusi si). Utilizzano tutti lo stesso modello di “forma-partito” che deriva da un misto tra Democrazia Cristiana delle correnti e craxismo dei yuppies. Sono delle aziende atipiche con tanto di dipendenti ma con strani profitti. Forse non immaginate che l’idea nasce proprio dalla vecchia DC che, con un appoggio parlamentare ultra-trasversale, nel 1974 approva una legge con la quale lo Stato finanzia tutti i partiti presenti in parlamento secondo il loro peso di deputati. Ma forse non ricordate neppure che a più riprese i radicali di Pannella hanno cercato attraverso più referendum di abolire questa stortura e che nel ’93 ci riescono con il 90% dei voti; solo che appena un anno dopo (e contro il volere democraticamente espresso di tutti quegli elettori) con il classico “trucco delle tre carte” i partiti del parlamento italiano si mettono d’accordo e reintroducono una legge sul “rimborso elettorale” alla quale, come se non bastasse, bisogna aggiungere il finanziamento pubblico all’editoria (della quale ne beneficiano anche i giornali di partito) e il 4 per mille. Questo è soltanto un quadro minimo ma se volete farvene un’idea più dettagliata andatevi a rileggere quello che scrivevano Stella e Rizzo nel 2007.
Se non vi basta questo per capire con che sorta di “idrovore” avete a che fare quando siete davanti a una sezione di un partito, aggiungeteci i guadagni di chi sceglie di fare il politico di mestiere. Ma non pensate soltanto ai parlamentari ma anche ai rappresentanti di camere molto più basse che nella peggiore delle ipotesi, anche in paesini di mille abitanti, racimolano più di mille euro al mese tra indennità e rimborsi di diverso tipo. Poi ci sono gli enti pubblici, semi pubblici e semi privati nei quali eleggere consigli di amministrazione, amministratori unici, direttori, collegi, comitati, commissioni, esperti, ecc… tutti sempre pagati e rimborsati perché, ricordatevelo, la politica nessuno la fa gratis.
In verità, far politica dovrebbe essere un onore oneroso, da cui sfuggire e invece è talmente ambito che le persone scalciano per calarsi anche nella più infima delle commissioni anche solo per pochi euri di rimborso.
E non parliamo poi di questi nostri rappresentati che appena si tratta della propria famiglia o della propria salute disprezzano per primi le istituzioni pubbliche e allora mandano i figli solo nelle scuole private, dall’asilo fino all’università (provate a contare quanti figli di politici sono stati, per esempio, alla Bocconi o alla Luiss e molti direttamente presso facoltà straniere) e si fanno curare in cliniche private o straniere.
Questo è una parte del sistema che si tiene su e si autoalimenta e le persone che fanno? Si preoccupano se un movimento come M5s prende il 15% ? Io dico che già basterebbe questo per augurarsi un piccolo scombussolamento del sistema. Se poi pensate che le grida di Grillo, qualche incertezza, qualche fesseria siano le premesse per il nuovo fascismo o siete sulla strada sbagliata e troppo occupati per guardare le cose con i vostri occhi e informarvi di persone, oppure siete troppo invasati da un’idea di partito che vi illudete possa risolvere i vostri problemi o quelli di una giustizia più in generali
E’ vero, probabilmente tra i “grillini” non trovate facce conosciute e io non ho trovato nessun mio vecchio compagno con il quale ho fatto manifestazioni antifasciste ma ve lo dicevo prima, questo movimento non si costituisce ideologicamente, non si pone cause ultime ma soltanto programmi minimi da realizzare, punto su punto. Se per esempio ti sta bene la TAV allora fai prima a votare Monti, Berlusconi, e anche Bersani.
Ma veniamo al programma, perché son convinto che molti non l’hanno neanche letto; io vi elenco sinteticamente le cose che ho sottolineato e che mi interessano maggiormente.
Energia
Incentivazioni per le fonti rinnovabili e biocombustibili e applicazione di norme già in essere, ma disattese, sul risparmio energetico.
Informazione
Eliminazione dei contributi pubblici per il finanziamento dei giornali; cittadinanza digitale per nascita, accesso alla rete gratuito (larga banda gratuita per tutti i cittadini italiani) e copertura completa dell’Adsl su tutto il territorio nazionale. Satalizzazione della dorsale telefonica, con il suo riacquisto a prezzo di costo da Telecom Italia e fornitura, da parte dello Stato, degli stessi servizi a prezzi competitivi a ogni operatore telefonico.
Economia
1) introduzione della class action, abolizione delle scatole cinesi in borsa, abolizione di cariche multiple da parte di consiglieri di amministrazione nei consigli di società quotate, introduzione di strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle società quotate, introduzione di un tetto per gli stipendi dei manager delle società quotate in borsa e delle aziende con partecipazione rilevante dello Stato, divieto di nomina di persone condannate in via definitiva come amministratori in aziende partecipate dallo Stato o quotate in borsa (come per es. Paolo Scaroni dell’Eni), abolizione delle stock options, divieto di acquisto a debito di una società.
2) Divieto di incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale e introduzione della responsabilità e compartecipazione alle perdite degli istituti finanziari per i prodotti finanziari che offrono alla clientela.
3) Abolizione della legge Biagi e sussidio di disoccupazione garantito.
4) Impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno; abolire i monopoli di fatto, come quelli di Telecom Italia, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset e Ferrovie dello Stato e mettere in opera disincentivi alle aziende che generano un danno sociale.
5) Riduzione del debito pubblico attraverso forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi e con l’introduzione di nuove tecnologie per consentire al cittadino l’accesso alle informazioni e ai servizi senza bisogno di intermediari.
Trasporti
Blocco immediato della Tav in Val di Susa. Disincentivare l’uso dell’automobile nei centri urbani e aumentare e rafforzare le tratte ferroviarie legate al pendolarismo.
Salute
L’Italia è uno dei pochi paesi con un sistema sanitario pubblico ad accesso universale e questa cosa è sempre più minacciata sia dal federalismo (attribuzione alle regioni dell’assistenza sanitaria) che dalla tendenza a far diventare le ex ASL delle aziende che devono far prevalere l’economia sulla salute. Quindi la sanità deve restare pubblica e i ticket dovranno essere imposti sulle prestazioni non essenziali in modo progressivo e proporzionale al reddito.
Istruzione
Abolizione della legge Gelmini; finanziamento pubblico solo per la scuola pubblica e investimenti nella ricerca universitaria.
La città intelligente è la tua città
Se penso alla mia città nel futuro vedo una piccola città con prestazioni urbane altamente sviluppate, dove l’infrastruttura “forte” cede il passo a una più leggera e più ramificata.
Vedo una città non privatamente astratta, ma socialmente partecipata, con una rete fitta di relazioni che elevano la sommatoria delle proprie conoscenze.
In una sola parola vedo una città “intelligente”.
Quest’immagine, evidentemente, è così generalmente condivisa che l’Unione Europea ha messo a punto una particolare strategia per favorire la crescita urbana delle città “in senso intelligente”.
Nemmeno l’intelligenza di cui parla la UE è un concetto astratto, ma una precisa direzione di sviluppo per misurare il “quoziente urbano”. Il futuro smart va su binari precisi e la tecnologia è vitale, perché “permette a tutti i cittadini di interagire in modo trasversale e di auto-organizzarsi”.
In fondo, come ci ricorda Alberto Cottica, “le città sono il nostro futuro come specie”.
Del “perché l’innovazione e il digitale sono una grande occasione” si parlerà a Potenza, dal 14 al 16 febbraio, nel Teatro Stabile della città.
Il programma vedrà la partecipazione, a diversi livelli, di
Giuseppe Granieri,
Carlo Ratti,
Luca De Biase,
Stefano Maruzzi,
Giovanni Boccia Artieri,
Tullio De Mauro ,
Gianni Biondillo,
Derrick De Kerckhove.
Cassanate e altri discorsi
Le “risposte infelici” di Cassano hanno, come al solito, sobillato la rete, ma c’era da aspettarselo. Sono stato tra i primi a mettere l’#Cassano su Twitter dopo essere sobbalzato dalla sedia ieri pomeriggio. Non si tratta di una “cassanata”, quella sorta di ambito giustificatorio dove possono rientrare quei calciatori che si lasciano sfuggire dalle mani il proprio sentimento privato (come sono “balotellate” quando si menano i giornalisti, “tottate” quando si sputa sull’avversario, ecc….) , ma del pensiero di un uomo che di mestiere fa il calciatore a cui viene semplicemente fatta una domanda. Il calciatore avrebbe potuto non rispondere dicendo di non saperne nulla ma invece dice di non volerne parlare e poi ne parla.
Non è il pensiero di Cassano che mi stupisce, anzi un po’ me l’aspettavo pure; qualsiasi uomo sa che l’omosessualità è il tema principale degli scherzi “tra uomini” (il motto “amici amici ma a tre palmi dal culo” è sempre molto in voga), mi preoccupa di più l’armamentario di elaborazione con il quale sul web si è cercato di chiudere il cerchio della notizia.
Ecco i suoi passi:
1) un giornalista chiede al calciatore se è vera la notizia, riferita da Cecchi Paone, che in nazionale ci siano dei gay. La domanda sembra “impertinente” ma fa parte della libertà del giornalista di porre domande a piacere e non a piacimento (del resto è stato chiamato per fare questo). Anche se il giornalista avesse domandato a Cassano del massacro dei randagi in Ucraina sarebbe stato impertinente.
2) Cassano, che conosce bene il suo ruolo, ci scherza su (l’aveva già fatto prima anche su Balotelli, tra l’altro usando la stessa battuta che aveva usato Gattuso quando ricevette dal Milan il compito di fare da tutor a Cassano) e dice di non voler rispondere ma poi invece dice che se non froci son fatti loro e che spera che non ci siano in squadra. A domanda impertinente risposta impertinente.
3) Tutti i giornalisti sportivi abituati e consapevoli di avere a che fare con il “calcio-pensiero”, seppure indignati, cercano di tenere ben distinti i ruoli e i compiti cercando di continuare a parlare di calcio (e credo che diversamente non si possa fare).
4) La rete invece no, com’è nella sua natura, si scatena (l’hashtag #Cassano vola su twitter) masticando vorticosamente concetti senza troppa elaborazione (perché se a 140 caratteri di testo non corrispondono altrettanti caratteri di valutazioni e contro-deduzioni mentali le cose si complicano) e tra questi ce ne sono numerosi che sostengono l’ipotesi di un subdolo tranello ordito ai danni dell’ingenuo Cassano.
Ci sono momenti, soprattutto su Twitter, nei quali un buon numero di persone lanciano commenti da “supertecnici” della comunicazione come di chi sta al di sopra delle notizie e di mestiere fa il giudice o il prete. Sono quelli che non riportano alcuna notizia, la danno per scontata e ammiccano a retroscena, a trabocchetti o a orditure appartenenti a grandi o piccoli scenari (che, altrimenti, i piccoli lettori non saprebbero come immaginare).
Insomma su Twitter serpeggia la logica che “la domanda sia stata fatta apposta per scatenare il putiferio mediatico” e la sostengono non pochi, anche qualche amico che seguo e che stimo.
A me, lettore ingenuo, colpisce soltanto il contenuto delle risposte di Cassano che è lì sotto i miei occhi e non posso farci niente. Cosa può importarmi se un giornalista ha posto una domanda di cui conosceva già la risposta? Può mai cambiare il mio giudizio sulle parole di Cassano?
Le persone sono e devono essere responsabili delle parole che proferiscono anche se queste derivano da domande “impertinenti”. Pensate al classico studente che dopo l’esame accusa il professore per avergli ordito un tranello con domande in-pertineti o a trabocchetto.
5) In serata Cassano fa dietrofront scusandosi per le parole pronunciate.
Massì è una cassanata.