Italia punto (e a capo) it

Dopo la morte del vecchio “portale” era normale pensare che qualcosa dovesse muoversi e che qualcosa bollisse in pentola.  Infatti ieri su FriendFeed in tanti hanno visitato il nuovo sito  istituzionale di Italia.it (o Italy.it) rilasciando commenti e impressioni della prima ora. C’era anche un gruppo già pronto ad analizzarne i contenuti. Purtroppo tutta l’attesa si è spenta in una veloce occhiata a quelle “brutte” pagine per capire che al peggio non c’è mai fine.

A me quel sito ha suscitato un senso di déjà vu.  La sensazione che certe teste non avrebbero potuto fare di meglio e che la deriva è completa.

Ma se non vi accontentate della visita diretta e volete capirne di più, leggete questo bel post di Dario Salvelli che basta e avanza.

Come dire:    bleah !

Tra viaggio e metaviaggio

«Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore»
(Robert M. Pirsig – Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta )

Kerouac map

Per capirsi è sempre, o quasi sempre, meglio intendersi sulle basi comuni di partenza. Di partenza e non di arrivo ci si preoccupa, quindi, quando si è in procinto di mettersi in viaggio con la mente o con il corpo. E di viaggio si parla sia nell’uno che nell’altro caso. O che abbia veramente fatto la valigia o se sto semplicemente iniziando un ragionamento con un amico oppure se ho soltanto superato la prima di copertina di un libro, sto compiendo il mio viaggio.

Certo, se qualcuno mi parla di viaggi a me vengono in mente tante cose ma quelle che suscitano di più la mia attenzione sono i racconti di un viaggio; le impressioni del viaggiatore, i suoi punti di vista diretti o obliqui sul mondo.

Non dimenticherò mai l’entusiasmo di un mio amico nel cercare di farmi comprendere, a gesti e urla, l’esagerata smodatezza dimensionale  di un’America raccontandomi della grandezza dei rubinetti delle vasche da bagno degli hotel, o di quella delle confezioni di latte o succhi di frutta  nei supermarket di New York.  Dai racconti se ne ricava sempre qualche massima e la sua fu che l’America è grande anche nelle cose piccole.

In sostanza o si viaggia per raccontare o si legge (o si ascolta) per viaggiare.

Per questo fin da bambino in viaggio non riuscivo a leggere se non di notte; il giorno anche soltanto appiccicato con il naso a un finestrino  assaggiavo con gli  occhi tutti i posti che mi scivolavano davanti. Immaginavo con la velocità di un flash istanti di vita di un mondo che sarebbe potuto essere o divenire concreto nella realtà ma sempre assai dissimile dalla mia enciclopedia familiare.  Ma quei micro viaggi lasciavano ben presto il posto a immagini macroscopiche che avrebbero occupato a vita la mia memoria. Se penso, per esempio,  ai primi viaggi verso Roma o Venezia o Milano o Parigi ricordo bene il Colosseo, piazza san Marco,  il Duomo e la Tour Eiffel ma ho completamente cancellato i particolari del viaggio di andata. Probabilmente se fossi stato un scrittore avrei appuntato tutte le impressioni del viaggio anche se forse le avrei scartate in seguito, ma solo in seguito. Un po’ come quando, in epoca analogica, scattavamo centinaia di fotografia senza mai stamparne i negativi.

Un tragitto diventa viaggio attraverso il racconto e con il racconto quel viaggio  diventa metaviaggio.

Chi non ricorda “I viaggi di Gulliver”,  “Il milione” oppure l’inferno di Dante (anche senza le illustrazioni di Dorè)  o anche le accurate descrizioni manzoniane dei viaggi di Renzo ? Insomma, a conti fatti, abbiamo più viaggiato stando fermi che prendendo treni o autobus.

Ecco perché vorrei mettere 4 pietre miliari in un percorso compiuto in gioventù, attraverso quei libri che mi hanno fatto viaggiare o spinto più lontano possibile.

Il primo fu “On the road”  di Kerouac che lessi attentamente con un maniaco interesse  per le tappe geografiche (alla “google maps”).  Ricordo che disegnai una piccola cartina degli Stati Uniti su cui indicai i percorsi che DeanSal compievano sulle highways che dall’America portavano in Messico.

Fantastic Voyage”, diventato “allucinante” nella traduzione italiana sia del libro che della versione cinematografica,  di Isaac Asimov ha rappresentato invece  l’esperienza del viaggio impossibile poiché non  al di fuori ma al di dentro di un corpo umano non come percorso metaforico ma fisico-biologico.

Quello tratto dalle memorie di Woody Guthrie, “Questa terra è la mia terra” (“Bound for glory”), è il percorso-fuga degli hoboes lungo le strade ferrate dell’America della depressione; tutto raccontato sulle corde di una chitarra su cui era inciso “Questa macchina ammazza i fascisti!”.

L’ultimo, “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” di Pirsig, è forse la sintesi degli itinerari  da dentro a fuori e da fuori a dentro. Un percorso in motocicletta dal Minnesota al Pacifico che diventa viaggio degli occhi e della mente.  Come recita la quarta di copertina “Qual è la differenza fra chi viaggia in motocicletta sapendo come la moto funziona e chi non lo sa? In che misura ci si deve occupare della manutenzione della propria motocicletta? Mentre guarda smaglianti prati blu di fiori di lino, nella mente del narratore si formula una risposta: «Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore».

Ma Technorati serve?

Come diceva Totò: “la serva serve” e così pure Technorati serve, o meglio serviva.

Twittorati

Twittorati

Fino a poco tempo fa tutti i blogger, oltre a  “misurarsi il proprio rank“, erano “obbligati” a passare per questa enciclopedia del tag, per fare le proprie ricerche e per dare uno sguardo alla classifica dei blog più popolari.  Poi pian piano lo strumento è stato sostituito dall’efficiente Google. Oggi che (almeno per il momento) la battaglia della ricerca sembra sia incanalata grossolanamente in tre direzioni (bolla o non bolla): twitter, friendfeed e facebook, ecco che Technorati  lancia Twittorati dove i migliori blog lasciano il posto ai twitt.

Ma servirà ? Si, forse per poco tempo, o quantomeno fino a quando Google non si risveglia.

Il rinnovo della carta di identità elettronica

La nostra storia inizia con la scadenza della carta di identità elettronica del mio amico Gerry, emessa cinque anni fa.

Gerry,  notata la scadenza ravvicinata della propria c. i. elettronica, si reca presso la sede più vicina dell’ufficio anagrafe del comune di Potenza.  Ha in testa la certezza che il rinnovo di quella tessera, con quel bel chip in bella mostra, sia roba da era elettronica finale: infilare la tessera in un “coso”, il pollice e la faccia in un altro e contemporaneamente dichiararsi italiano “a voce”.  Insomma roba da “Minority Report”, o giù di lì…

Niente di tutto questo: il comune gli rilascia un bel certificato, formato A4, con tanto di timbro, nel quale si dichiara che la carta n.xxxx è valida fino al……. e l’impiegato dell’anagrafe si premura pure di raccomandare all’amico di portare sempre con se, insieme alla carta di identità, quel pezzo di carta.

Ma che bel documento elettronico che ha adesso in tasca Gerry. Quella carta  che col tempo aveva ridotto le sue dimesioni e racchiuso tutte le informazioni necessarie all’interno di un involucro più sicuro e resistente,  si ritrova, in 3 minuti, quintuplicata in dimensioni e irrimediabilmente indebolita: avete mai provato a portare un foglio A4, stampato da una stampate laser, piegato in quattro all’interno di un portafogli ?

Ma come siamo arrivati a questo ? Semplice una legge del 2008:

Legge 6 agosto 2008, n. 133
Art. 31. Durata e rinnovo della carta d’identità
1. All’articolo 3, secondo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni» ed e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le carte di identità rilasciate a partire dal 1° gennaio 2010 devono essere munite della fotografia e delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono.».
2. La disposizione di cui all’articolo 3, secondo comma, del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applica anche alle carte d’identità in corso di validità alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Ai fini del rinnovo, i Comuni informano i titolari della carta d’identità della data di scadenza del documento stesso tra il centottantesimo e il novantesimo giorno antecedente la medesima data.

Intanto il comma 3 dice che il comune doveva avvisare il mio amico Gerry sulla scadenza della propria carta e poi non mensiona alcun certificato di rinnovo anche se non so come il comune possa superare l’ostacolo della data di scadenza impressa sulla tessera.

Ma siccome “mal comune è mezzo gaudio”  leggetevi questo post  e scoprirete non solo tutta la storia contorta di questa benedetta tessera ma da commenti ccome questo, scoprirete l’assurdità tutta italiana:

“Io ce l’ho da 5 anni e l’ho rinnovata lo scorso 8 maggio. Mi hanno dato un comune foglio di carta formato A4 che attesta la proroga del documento per altri 5 anni da allegare alla carta scaduta. Sono andata in Tunisia con gita organizzata da tour operator e non mi hanno fatto nemmeno fatto varcare la soglia rimettendomi sullo stesso aereo di arrivo che rientrava. Il documento non è stato riconosciuto mentre chi aveva la vecchio documento cartaceo con il timbro di rinnovo è entrato tranquillamente. Non ho altro da aggiungere valutate voi”

Teano Jazz 2009

Mingus Dynasty Band

Mingus Dynasty Band

Ho trascorso 2 giorni a Teano per la XVII edizione dell’omonima rassegna jazz.

Delle quattro serate in programma ho scelto quella di venerdì 3 luglio con la Mingus Dynasty composta da:

Boris Kozlov (bass)
Donald Edwards (drums)
Orrin Evans (piano)
Craig Handy (alto sax – flute – soprano)
Wayne Escoffery (tenor sax)
Alex Sipiagin (trumpet)
Ku- umba Frank Lacy (trombone – vocals)

e quella di sabato 4 luglio con la David Sanborn Band composta da:

David Sanborn (sax)
Ricky Peterson (keyboard)
Mike Pope (bass)
Nicky Moroch (guitar)
Gene Lake (drum)
Martin Jaconsen (sax)
Nicolas Garde (trumpet)
Lionel Segui (trombone)

Che dire ? Beh (in ordine):

1) la Mingus Dynasty è stata godibilissima ed emozionante per l’energia e per la passione che la band ha profuso dal primo al’ultimo brano.

2) Grazie alle incertezze metereologiche questo concerto si è tenuto al coperto, nell’auditorium, con un buon risultato sia acustico che climatico.

3) Per David Sanborn, invece, l’organizzazione ha fatto di tutto per ritornare nella location consueta del festival dove è stato consumato il doppio, se non triplo, scompenso organizzativo-musicale:

a) Samborn è stato poco al di sotto delle capacità di un Fausto Papetti, sia per  la scaletta musicale che per l’assortimeno della band;

b) la famosa “lochescion” teanese altro non è che una terrazza con un’acustica “fetente” con contorno di discosi di tutti i politici locali e tanto di bancarelle di prodotti tipici da vera sagra paesana.

Insomma pessima musica in, ancor, peggior posto.

Conclusione: per fortuna la prima serata ha compensato il tutto, sia il brutto concerto di Sanborn che la visita ad una Teano assurdamente adagiata nell’incuria e nell’abbandono più assoluto.

Per riprenderci abbiamo visitato l’abbazia di Montecassino e il vicino cimitero polacco. Un consiglio: andateci perchè ne vale la pena.

Piombini, Franceschini e altri ini…

Serracchiani

Checché se ne dica quiqui o anche qui penso e sono convinto che Bersani sarà il prossimo segretario del PD.

Chi ragiona dal di dentro (di un partito) ha una enciclopedia di riferimento che è fatta esclusivamente di reti (alleanze) interne e tessere,  chi invece guarda da fuori è più sensibile alle apparenze e si emoziona per uno slogan. Chi sta in mezzo, invece, pensa che il PD abbia veramente bisogno di una dura sferzata. Un colpo che forse non gli farà vincere neanche le prossime elezioni, ma tutto dipenderà poi dall’entità della posta in gioco.

Io se fossi un PDino prenderei le distanze dalle ultime figuragge di chi “non vuol tornare indietro” (”cascasse il mondo: segretario fino a ottobre“), cercherei di cancellare quel bipasticciaccio storico e considererei un incidente di percorso quell’audacia della speranza che l’onda lunga obamiana ha scagliato nella secca.

Insomma qualcosa il PD deve fare e quel qualcosa dovrà essere mediato tra la spinta “al nuovo” e le maglie interne. Per la Serracchiani ci sarà solo un posto in seconda fila, tant’è che si è già schierata con “uno” dei due che a suo dire  rappresenta “il nuovo”… ma forse era già vecchia lei e non ce ne siamo accorti.

Iran will never forget you

Il movimento di protesta verso i risultati elettorali del 12 giugno in Iran sta coinvolgento tutto il mondo on-line.  Dai blog,  ai  socialnetwork  per finire agli artisti si chiede l’annullamento del voto.

Insomma (anche stavolta) per fortuna che la rete c’è e che i citizen media funzionano.

artpo21

Neda

Destre somiglianze

sosia

Non potevo non inserire anche qui (dopo averlo già fatto su FaceBook) il montaggio che ha fatto Luigi per dimostrare a me quella certa somiglianza con il grande Totò   (porcamiseria….).

Che dire, grazie Luigi.  🙂

Quell'oscuro mondo virtuale dove l'umanità decresce

Mentre leggo “Umanità accrescita” di Giuseppe, inciampo in una pagina de “La Gazzetta del Mezzogiorno”  dedicata a una scuola superiore di Acerenza (PZ), dove in un paio di articoli si racconta, con estrema semplicità, la natura maligna e “oscura” dei mondi virtuali (o metaforici).

Il filo conduttore che unisce gli articoli scritti dai ragazzi dell’ITC di Acerenza è il racconto di una umanità che “decresce” all’interno della rete e delle esperienze “virtuali”.

Questa “umanità decrescente” (così com’é probabilmente abbarbicata nella mente di qualche insegnante) è rudemente e approssimativamente descritta come “generazione in oblio”,  perennemente in tentazione e in pericolo  di completa perdizione.  La retorica si spreca e più che di ignoranza (o inconoscenza, come direbbe un amico) si tratta di una formazione culturale tardo-cattolica che ha sempre fatto della “caccia alle streghe” la corazzata invincibile:

«entrando in diretto contatto con le innovazioni, ci si rende conto che non sempre se ne traggono benefici».

Come si fa a raccontare un mondo non conoscendolo affatto ?

Sarebbe bastato che l’insegnante avesse chiesto ai propri alunni: “quanti di voi conoscono e usano un videogioco ?”, per spalancare le porte di un mondo a lui sconosciuto; un “mondo nuovo”,  da esplorare, dove quei ragazzi sarebbero stati insegnanti,  di umanità e di tanto altro ancora.

Ma il professore che ha perso quest’occasione si può consolare e dannarsi perchè «questo micro monitor ci apre una finestra su di un macro (macabro) mondo, che per l’abissale spazio ci spaventa».

Filrouge

Potenza si è svegliata stamattina avvolta in una lunga striscia rossa che attraversa i vicoli, le scale e le strade del suo centro storico.

L’idea, così come raccontata dal TG3, è quella di creare un filo d’unione con i monumenti e le opere d’arte in modo da guidare il turista lungo i percorsi storico-artistici dell’antico centro potentino.

Io ho fatto un giro per la via Pretoria (vi metto qui l’immagine) e la sensazione che ne ho ricevuto è stata quella di una città che si prepara a qualche evento con la creazione di zone “off limits”.

Forse sarebbe stato meglio una linea molto più sottile e soprattutto un colore diverso.