Basilicata da costa a costa

Ecco riprodotto il percorso compiuto in 10 giorni da Papaleo nel suo film e che google maps sviluppa su circa 188 km (da percorrere a piedi in 1 giorno 14 ore ma che impostandolo “dritto per dritto” diventano 118 Km percorribili in un solo giorno).

Tutti i lucani si sono riversati nelle sale cinematografiche per vedere questo “evento” che parla della loro regione e che ha battutto in incassi, qualsiasi altro film girato in Basilicata, oltre che il campione Avatar.

Perché questo grande afflusso? Oltre al buon battage pubblicitario ho l’impressione che i lucani stessero aspettando di essere raccontati, più che rappresentati, in forma contemporanea e sincronica.  L’ultimo film che aveva fatto qualcosa del genere era stato i basilischi ed è proprio a questo lavoro della Wertmuller che bisogna necessariamente riferirsi.

Nel 1963 la Wertmuller sincronizzò l’immagine di un microcosmo lucano attraverso la storia di piccoli “vitelloni” di paese che raccontavano la propria giornata caratteristica e atipica. Caratteristica perché i giovani studenti di paese si riconobbero in quegli attori e risero del loro stesso dialetto e delle loro stesse battute; atipica perché la cultura accreditata del tempo amava raccontare e mettere in luce una Basilicata diversa, più amara, più drammatica.

Anche “Basilicata coast to coast”  vuol far parlare i lucani ma lo fa con troppa leggerezza, tanto da non riuscire a produrre più di una trama a bozzetti e una storia frivola quasi inconsistente.

Ma forse l’intenzione era quella di fare un un film leggero, turistico e promozionale e allora si, l’obiettivo è stato raggiunto: i personaggi, la storia e gli ambienti sono possibili addirittura probabili.

Ma non cercate di più.

L'eresia del pubblicare 2

Un amico mi ha chiesto, appena l’altro giorno, il perchè della mia scarsa scrittura sul blog; gli ho risposto, d’istinto, che anche se scrivessi fiumi di bit lui non se ne sarebbe accorto comunque, visto che ne avevo già parlato poco tempo fa. Questa cosa mi ha fatto aggiungere, al mio attuale stato di apatia verso questo contenitore, la convinzione che neanche gli amici più vicini seguono i (miei) contenuti in modo sistematico. Allora sono andato a esplorare le statistiche (cosa che non facevo da anni) e ne ho tratto un identikit qualitativo (la quantita’ mi interessa meno per via del numero esiguo di visitatori) che mi racconta, sostanzialmente,  di un lettore che ignora la storia del blog (e la mia), che non si accorge delle sensibili variazioni stilistiche e grafiche e che è capitato qui seguendo la scia dei contenuti attraverso i tag. Tengo fuori da questo ragionamento, ovviamente, gli affezionati amici del web che sanno tutto o s’immaginano tutto. Del resto faccio lo stesso anch’io seguendo da tempo soltanto i contenuti, tutti ben canalizzati e ordinati, nel mio reader e visitando sempre meno “direttamente” i blog (tranne qualcuno che, per strane ragioni, da in pasto ai motori soltanto una sintesi del suo post – per inciso son quelli che poi visito ancora di meno e che poi cancello dal reader).

Questa mini indagine mi ha portato ad alcune brevi e momentanee conclusioni:
1) ho compreso, finalmente, perchè molti blogger (ma di quelli che hanno sempre saputo cosa facevano e continuano a saperlo oggi) hanno reso “mininali” i loro ambienti mentre curano con grande perizia quella specie di clustering del webdue che fa rimbalzare i post sui vari social. La qual cosa implica necessariamente che almeno un paio di cose sono inutili:

  • accogliere i lettori in pompa magna e stupirli anche con effetti scenici;
  • esporre la propria immagine e la propria intimità ma lasciarla in quei posti dove lo si fa molto meglio.

2) Pur con una diminuzione dell’attività di scrittura i visitatori non dimiuiscono, anzi spesso aumentano e in gran parte provengono dai social dove hanno, anche, già visto tutto di te.

Questo, in fondo, mi rincuora perchè mi consente di rilassarmi ancor di più nella scrittura e chissà, domani, concentrami un po’ meglio sui contenuti, anzi sulle categorie a cui dedicarmi più intensamente.