Non volevo parlare della morte dello scrittore russo per due semplicissimi motivi che, poi, in realtà sono riassumibili in un solo: “Arcipelago Gulag” non mi piaceva (il secondo è che Aleksandr Solženicyn mi era antipatico).
Adesso che Solženicyn è morto non so se mi dispiace per non aver letto nulla, ma in quegli anni, pur non essendo proprio filosovietico, l’URSS rappresentava “per noi” l’unico bastione opposto agli Stati Uniti. Soltanto qualche anno più tardi questo libro di Timofeev mi allargò un orizzonte sconosciuto. Ma come se fossi stato marchiato indelebilmente, Solženicyn continuava a restarmi antipatico, posizionandomi in quell’area (ibrida) “di mezzo” del tipo “né con la Russia né con i socialtraditori”.
Però ricordo in quegli anni che mentre l’Azione Cattolica diffondeva e invitava a leggere “Arcipelago Gulag”, io avevo letto qualche cosa di tipo contro-informativo che bollava il libro come un gran contenitore di bugie rientranti nel quadro di una precisa “campagna antisovietica coordinata dagli Stati Uniti” (del tipo: “un arcipelago di bugie”).
Solženicyn, comunque, non era certo l’unico scrittore che non “leggevamo”; la compagnia era bella folta ed accomunava tutti gli autori che non superavano quel filtro “controculturale” con il quale interpretavamo il mondo.
E va bé…..