La notizia corre anche su Ustream

Kirill Mikhailov, per la rete Reggamortis, è un citizen journalist russo che qualche tempo fa sul suo blog aveva scritto che il futuro del “reportage” era stare dentro le manifestazioni e trasmetterle in diretta da diversi lati possibili per poi concentrare il tutto in una sola piattaforma.  Così il 9 maggio, durante un’ennesima manifestazione anti Putin, con il proprio smartphone collegato a un notebook nello zaino, ha seguito tutti gli avvenimenti trasmettendoli in streaming su Ustream.tv.

Per capire oggi che peso ha avuto la cosa (niente calcoli e statistiche derivanti dai contatti) basti pensare che la piattaforma usata per lo streaming della manifestazione ha subito un attacco DDoS  da una infinità di indirizzi IP russi, kazaki e iraniani come a Ustream non gli era mai capitato.

L’obiettivo è stato quello di interrompere il flusso di rete verso quel fastidioso reportage anti-presidenziale di Mikhailov. Insomma per tradurla in linguaggio radiotelevisivo nostrano è un po’ come la cacciata di Santoro dalla Rai dopo quel famoso “si contenga“. Ovvio, con le dovute differenze sia perché a Mosca la “repressione” va un po’ meno per il sottile e anche perché la TV è veramente “di stato” come sarebbe piaciuto proprio a Berlusconi.

La russia sarà pure la grande patria di cracker e hacker ma qui la rete ha una logica che supera i pruriti informativi nostrani, qui le TV o le agenzie non seguono Twitter o Youtube per stanare notiziuole e la logica di rete è strettamente legata al proprio valore informativo.

Un risultato? Hunstable, CEO di Ustream, non solo ha rilanciato il video di reggamortis1 sulla homapage di Ustream, ma ha inaugurato una versione in lingua russa della propria piattaforma.

Né con la Russia né con Solzenicyn

Non volevo parlare della morte dello scrittore russo per due semplicissimi motivi che, poi, in realtà sono riassumibili in un solo: “Arcipelago Gulag” non mi piaceva (il secondo è che Aleksandr Solženicyn mi era antipatico).

Adesso che Solženicyn è morto non so se mi dispiace per non aver letto nulla, ma in quegli anni, pur non essendo proprio filosovietico, l’URSS rappresentava “per noi” l’unico bastione opposto agli Stati Uniti. Soltanto qualche anno più tardi questo libro di Timofeev mi allargò un orizzonte sconosciuto. Ma come se fossi stato marchiato indelebilmente, Solženicyn continuava a restarmi antipatico, posizionandomi in quell’area (ibrida) “di mezzo” del tipo “né con la Russia né con i socialtraditori”.

Però ricordo in quegli anni che mentre l’Azione Cattolica diffondeva e invitava a leggere “Arcipelago Gulag”, io avevo letto qualche cosa di tipo contro-informativo che bollava il libro come un gran contenitore di bugie rientranti nel quadro di una precisa “campagna antisovietica coordinata dagli Stati Uniti” (del tipo: “un arcipelago di bugie”).

Solženicyn, comunque, non era certo l’unico scrittore che non “leggevamo”; la compagnia era bella folta ed accomunava tutti gli autori che non superavano quel filtro “controculturale” con il quale interpretavamo il mondo.

E va bé…..