Te lo ricordi il tuo paese?

«ma tu…  te lo ricordi il tuo paese?» mi dice, accomiatandosi, un vecchio amico ch’é venuto a trovarmi in ufficio.

Non ho fatto molto caso a quelle parole perché la gran parte dei vecchi amici che incontro ogni tanto me le ripetono come una cantilena, al massimo con qualche variante del tipo: “non ti vedo mai al paese“, “ti sei dimenticato di noi“, “non ti fai vedere più” e giù di lì.

Però non capisco perché continuino a ripetermelo se vivo soltanto a 18 chilometri da dove sono nato: certamente se fossi nato a Roma nessuno si sognerebbe neanche di pensarla una cosa del genere.

Ma perché nei paesi è più evidente l’assenza? Non certo per il numero di contatti (dato che ne continuo a vedere a iosa) ma evidentemente per i posti dove avvengono questi contatti e quindi per la frequenza degli hub sociali univoci (bar, viale, villa, piazza, pizzeria, ecc…): sono questi che palesano e certificano la presenza e l’appartenenza.

E allora come posso rispondere al mio vecchio amico?

Potrei dire “si, certo che me lo ricordo”, ma violerei comunque la pertinenza poiché quel che ricordo è il mio presente che invece per lui è il passato.

In sostanza la mia laconica affermazione necessiterebbe di un percorso storico che andrebbe ricostruito e referenziato affinché io e il mio amico possiamo riferirci esattamente allo stesso oggetto (che non sia esclusivamente una coppia di coordinate geografiche).

Ovvero, dovrei raccontare cosa mi viene in mente quando parlo di “mio paese”:  immagini nitide, circostanziata di cose legate a fatti, persone e luoghi; di archi temporali (per esempio uno che ricordo bene va, più o meno, dal 1974 al 1980).  Perché conservo queste immagini? Non lo so (ma adesso non importa) ma intanto sono queste e dovrei parlare di queste cose… Ma staremo parlando dello stesso paese? O meglio voleva sapere questo di me? Credo di no. Mi prenderebbe per un nostalgico che vive lontano e di ricordi lontani: come uno che vive distante (anche se solo di 18 chilometri) e con questo riavrebbe indietro l’immagine che già aveva di me prima che io mi pronunciassi.

Allora, di solito, alzo le spalle e sorrido.