La sostenibile leggerezza del nobel

Con buona pace del nobel Barack Obama rinforza la presenza americana in Afghanistan inviando altri 30mila soldati e chiedendo un rinforzo anche dagli altri paesi Nato.

Questo “nuovo” piano militare costerà agli americani 30 miliardi di dollari in più (in aggiunta ai 130 miliardi già stanziati e che il Congresso si appresta a votare) che farà salire il costo complessivo di questi nove anni di guerra vicino ai mille miliardi; più o meno la stessa cifra prevista per finanziare la tanto annunciata riforma sanitaria.

Il nuovo finanziamento che occorre adesso sarà, con molta probabilità, recuperato da una tassazione ad hoc così come era già stato annunciato da Nancy Pelosi.

Ma se Fidel Castro si è chiesto se Obama merita il Nobel con una misera riduzione di emissioni di CO2 e Michael Moore si impressiona soltanto al pensiero di   indossare i panni del presidente, per questi nuovi soldati che andranno a morire, Noam Chomsky invece ci aveva visto lontano. In un’intervista del 23 ottobre sul “Venerdì  di Repubblica”, il noto linguista e filosofo americano aveva detto che Obama meritava si il nobel ma soltanto “per la comunicazione”. Come a dire, tutto fumo e niente arrosto.

Chomsky aveva predetto le intenzioni  di Obama di inviare nuove truppe in Afghanistan deducendolo anche da quegli inspiegabili ampliamenti del personale diplomatico nelle regioni di guerra che proseguivano semplicemente un vecchio progetto di Bush.

Alla domanda di Emilia Ippolito di “Repubblica” se Obama in qualche modo ricordava JFK, Chomsky risponde: “ricordo che ai tempi di John Kennedy i miei colleghi di Harvard erano onoratissimi di andare a Washington per parlare con l’allora presidente. Oggi i miei colleghi del MIT considerano un onore stringere la mano all’attuale presidente.”

Sembra proprio che la storia debba ripetersi inesorabilmente e  se non sarà un nuovo Vietnam sicuramente somiglierà tantissimo alle vicende di Gorbaciov del 1985.

L'uomo invisibile

Una rilettura tardiva de “L’uomo invisibile” (Ralph Ellison,  1952), forse potrebbe giovare alla comprensione del cambiamento ?

Lo pensa Alessandro Portelli e ne parla su “Il Manifesto” sottolineando due frasi del discorso di Obama che fanno riflettere più di tutte le altre:

– l’America è un paese di cristiani e mussulmani, ebrei e indù e di non credenti

– l’America e quel paese dove un presidente che è appena andato via parlava direttamente con Dio e affermare, in un momento così solenne, che anche chi non crede è un cittadino come gli altri non è uno scherzo.