E’ inutile prenderla troppo alla lontana, con McLuhan che negli anni sessanta diceva che i media influiscono sul nostro processo cognitivo, e partiamo dal 2008 con la domanda: come internet sta cambiando il nostro cervello?
La domanda non è stupida dal momento che ci siamo accorti che il cervello è un sistema in continua trasformazione. Pensiamo anche solo semplicemente a come le informazioni, oltre che più ricche, siano divenute istantanee e a come è cambiato il nostro rapporto con la lettura (da sequenziale a “reticolare”).
Una consapevolezza c’è: il cervello cambia!, ma a questo cambiamento bisogna opporre una reazione o assecondarlo e non preoccuparsene?
Per molti le potenzialità multitasking dei sistemi al silicio son un affare diabolico per un cervello umano. Se un uomo, normalmente, riesce in modo simultaneo a fumare una sigaretta, scrivere una mail e rispondere al telefono mentre ascolta l’ultimo brano musicale appena scaricato, per Etienne Koechlin non è naturale. “Il multitasking non è nella natura dell’uomo”: il cervello umano può fare correttamente e contemporaneamente al massimo un paio di cose e se ne fa di più (“per colpa delle nuove tecnologie”), solitamente prende decisioni anormali e innaturali. Insomma per la Koechlin dobbiamo “difenderci” dalla rete e dalle nuove tecnologie.
Anche Nicholas Carr nel suo il libro “Internet ci rende stupidi?” (anche se il suo titolo inglese era “I superficiali”) sostiene che ormai viviamo in “uno stato di distrazione continua” e che il nostro cervello sta cambiando in peggio.
In sostanza qui si sostiene che nell’abbandonare il cavallo per il motore a scoppio abbiamo fatto una cavolata madornale, che la scoperta del fuoco abbia bruciato inutilmente i nostri cibi, e che se Gutenberg si fosse fatto i cazzi suoi a quest’ora saremmo tutti felici e analfabeti (e che forse anche tutti gli omicidi derivano inevitabilmente dall’esistenza delle armi, coltello da cucina compreso).
Alla fin fine, il tema di fondo resta quello di un “pensiero reattivo” (in senso nietzscheano) che deve difendere il certo per l’incerto, il vecchio per il nuovo, la propria “cattiva coscienza” dalla storia e dalla scienza.
Ci rassicura Granieri-Stafford che «non corriamo nessun rischio magico o imprevedibile utilizzando la rete» e anche se la strada sarà lunga e tortuosa, il fatto positivo è che tutto ciò è inevitabile.