Marielle Franco aveva 39 anni ed era una militante del Partito Socialismo e Libertà brasiliano (PSOL). E’ stata assassinata mercoledì scorso, con una raffica di proiettili che hanno colpito lei e il suo autista, mentre tornava a casa in auto.
E’ stato un assassinio politico in piena regola e neanche nascosto, dal momento che l’analisi dei proiettili utilizzati ha chiarito che si trattasse di “calibro 9 facenti parte di un lotto acquistato dalla polizia federale di Brasilia il 29 dicembre del 2006”.
Non c’era necessità di nasconder nulla perchè il movente doveva essere chiaro e fungere da avvertimento per chiunque avesse intenzione di opporsi al “sistema straordinario di sicurezza pubblica” che le forze di polizia e i militari hanno impiantato nello stato di Rio de Janeiro.
Lo spettro della dittatura era e resta il pericolo maggiore e Marielle, che lo sapeva bene, non smetteva di denunciare continuamente i soprusi e gli abusi delle forze dell’ordine, come quell’ultimo tweet dopo il brutale assassinio di Matheus Melo a Rio de Janeiro.
Una grande folla ha riempito le piazze delle maggiori città brasiliane, per manifestare contro la polizia e per testimoniare la vicinanza, la solidarietà e il dolore per la perdita di una donna che proveniva dalle favelas nere di Rio e lottava denunciando l’assurda condizione di privazione dei più elementari diritti sociali e umani nelle aree povere e depresse del paese.
Marielle Franco era nera, lesbica e si era imposta in una politica fatta da maschi, bianchi e ricchi e per questo veniva continuamente derisa o stigmatizzata dalla stampa brasiliana.
“Marielle presente”, hanno gridato tutte le donne che seguivano il suo funerale; una presenza che non può che segnificare continuità nella lotta per i diritti degli ultimi, delle donne e di chi non corrisponde alla cultura bianca machista dominante.
Questa esecuzione è il segno che il neoliberismo ha scoperto completamente il suo volto e si sta imponendo anche violentemente sugli strati della popolazione più irriverente.