Il disegno di Held qui a fianco è una sintesi constatativa, che solo i disegnatori sanno fare, del senso o dell’uso della foto condivisa. Ovviamente scattata con lo smartphone, ché tanto già sta in mano e mentre controllo l’ora, la posta, il calendario, leggo un messaggio e faccio qualche giochino, ne approfitto anche per segnalare la mia presenza in un bel posto e, per evitare di non rendere bene l’idea, condivido subito la foto “istantanea” sulla mia bacheca di Facebook. Certo, spesso, se mi fotografo le gambe o le unghie dei piedi può anche voler dire che mi sto annoiando o non so cos’altro fare; resta comunque il senso di dare (condividere) l’immagine, l’idea figurata, del proprio stato.
Lo diceva Carlo Foggia su La Stampa un po’ di giorni fa che il futuro delle foto è nella condivisione.
Il problema, o nodo del dibattito, resta sempre quello tra macchine fotografiche, fotocamere e smartphone ed appartiene alle “storiche” controversie legate all’innovazione tecnologica, o al protendersi verso il futuro. Oggetto di questi dibattiti sono stati molti strumenti o attrezzi dei quali, adesso, non penseremmo neanche lontanamente di liberarcene.
Qui la questione è modernissima e risale a pochi anni fa a partire dai primi telefonini con fotocamera (io nel 2004 avevo un Ericsson T610, ma ho letto che il primo è stato un Sanyo del 2002) per finire a smartphone come l’ultimo Nokia (Lumia 1020) con 41 megapixel.
Certo non fanno tutto i megapixel, ma il problema non riguarda la tecnica, per quelle ci sono le classiche Reflex o le EVIL, quanto un uso più diffuso e più intensivo delle immagini che hanno fatto crollare il mercato delle compatte digitali in favore degli smartphone.
La necessità è quella di scattare e pubblicare la foto immediatamente su Facebook, per esempio, a volte utilizzando simpatici “effetti” o veloci filtraggi come quelli di Instagram (con 130 milioni di utenti attivi al mese nel mondo, 45 milioni di foto pubblicate al giorno, circa 8.500 like e 1.000 commenti al secondo); tant’è che Samsung da un po’ cerca di creare un nuovo mercato di compatte con wi-fi intregrato. Non credo, però, che questa sia la strada giusta per aumentare il mercato dell’immagine digitale o meglio, penso che questa strada non esista neanche e che, al momento, l’unica idea “futuristica” resti quella dei Google Glass . Sarà l’idea dello sviluppo protesico a funzionare, più di qualsiasi forma di “additivazione”. Ma se anche per gli smartphone <a href="http://blog project task management software.vodafone.co.uk/2013/06/12/vodafone-unveils-the-future-of-festival-season-tech-charge-your-phone-while-you-sleep/” target=”_blank”>si può parlare di protesi, allora lo smartphone di Nokia è quello che guarda più argutamente al futuro.
Instagram for dummies
Brad Mangin doveva sostituire il suo vecchio telefonino e, un po’ come tutti, decide di acquistare l’ultimo iPhone 4S appena uscito. Tornato a casa inserisce la sim, trasferisce i contatti nella rubrica e prova anche a fotografare i suoi gatti. Il risultato lo sorprende abbastanza, ma ciò che lo stupisce di più è un’applicazione che restituisce immagini in un formato quadrato, proprio come quello delle vecchie Polaroid, con l’aggiunta di effetti davvero interessanti.
Non c’è niente di particolare in tutto ciò se non il fatto che Brad è un fotografo sportivo free lance abbastanza noto e che alla partita tra i Los Angeles Angels e gli Oakland Athletics , lascia la borsa con la fedele Canon 1D Mark IV a bordo campo, e si reca negli spogliatoi per fare il suo servizio pre-sportivo soltanto con l’iPhone. Le foto, successivamente “instagramate” da Mangin, saranno un nuovo modo di raccontare il Baseball su Sports Illustrated.
Ho riportato questa storiella per due motivi: il primo per diradare le nuvole davanti agli obiettivi degli smartphone liberando il campo dai preconcetti di quei “puristi” che non escono di casa senza il cavalletto e il secondo per contribuire e confortare tecnicamente il gruppo di potenzadigitale che, da un’idea di Sara, vuol raccontare Potenza proprio con Instagram (le foto vengono scelte e poi pubblicate sul Tumblr).
Ecco i tre punti cardine per chi vuol personalizzare le proprie “instaphoto” (Mangin usa un iPhone 4S, ma i consigli valgono anche per chi possiede uno smartphone Android):
1) scattare la foto con l’iPhone senza alcun effetto;
2) editare l’immagine con le seguenti app: Snapseed (per convertire le foto in bianco e nero e lavorare sui toni, costo € 3,99), Dynamic Light (per dare un tono più cupo al cielo e potenziare i colori, costo € 0,79) e Camera+ (per modificare colori e effetti, costo € 0,79);
3) caricarla in Instagram e applicare la cornice e un filtro, per esempio “Lo-Fi” (se si vuol potenziare il contrasto e i colori) o “Early Bird” (se si vuole l’effetto seppia).