Ciao, compagno Vittorio

Vittorio Foa

Vittorio Foa

Questo è uno di quei giorni tristi che non si raccomandano neanche ai nemici. E’ come se mi fosse morto per la seconda volta un padre. Si lo ritenevo tale, un padre politico, di quelli di cui ti puoi fidare, che ti indicano una strada sicura.
Vittorio Foa era molto di più di tutto questo e la sua morte mi rattrista in modo esasperato perché sento ancora di più il vuoto che mi circonda.
Voglio lasciare qui soltanto il breve ricordo di quando l’ho conosciuto.
Era il luglio del 1974 e al palazzo dei congressi di Firenze si svolgeva il primo congresso nazionale del PdUP (metto il link a Wikipedia, anche se all’interno c’è qualche errore). Io ero (giovanissimo) uno dei 742 delegati nazionali e una sera ebbi l’occasione di conoscere Foa chiacchierando del più e del meno fuori dal palazzo dei congressi. Lui, appena appreso che noi (i 4 delegati della Basilicata) eravamo lucani, cercò di convincerci ad organizzare un convegno di studi su Di Vittorio, figura di grande sindacalista stranamente poco considerato. Ci disse, accarezzandoci le spalle, che se l’avessimo fatto sarebbe “sceso in Lucania per parteciparvi”. Per tutta una serie di vicende, che non è importante raccontare adesso, quel convegno non venne mai organizzato e penso che noi perdemmo una grande occasione, direi storica.
Lascerò qui, a ricordo di come l’ho conosciuto, le ultime frasi del suo discorso di chiusura di quel congresso:

“noi vogliamo portare la nostra esperienza, la nostra fede, la nostra volontà di lavoro, ma portiamo anche una grande disponibilità a discutere, a verificare le cose, non nel puro confronto di un’idea con un’altra ma nel confronto delle idee con la pratica, con l’esperienza, con i risultati. La nostra disponibilità deve essere massima, e ha un solo limite: che comunque, in ogni caso, noi resteremo fedeli alle esigenze, agli obiettivi della classe operaia”

30 minuti di applausi.

Ciao, compagno Vittorio.