Parliamo di Congo

E’ estremamente interessante quel micro dibattito sviluppatosi sotto il post di Vale Landia e mi ha impressionato il fatto che lei abbia quasi chiesto scusa per aver detto una cosa semplice ma più reale del re.

Siccome sono uno di quei pochi che di Obama si è interessato poco , non  perchè contrario alla sua elezione ma perchè ho ritenuto e continuo a ritenere esagerato, se non inutile, tutto l’interessamento e l’ambaradan nostrano intorno a queste elezioni. Poi Veltroni e  Franceschini hanno appena chiarito che sono in attesa dell’onda lunga… e allora buon per loro.

Ma parliamo di Congo. E’ un paese grande quasi quanto un quarto dell’Europa,  e dispone: di una discreta ricchezza naturale di oro, diamanti, uranio, cobalto, rame, legno, gomma arabica e soprattutto coltan (il tanto conteso metallo utilizzato per telefonini e per componenti informatiche in generale).

E’ uno stato sotto dittatura ereditaria dove lepresident ha poteri assoluti: nomina direttamente i parlamentari, il primo ministro, il governo, le commissioni, e tutto il resto.

Vive un conflitto tra i più sanguinosi al mondo tanto da aver dato vita alla “guerra mondiale africana“, con 3 milioni di morti (tutti civili e la maggior parte bambini) e 3 milioni di sfollati.

Più o meno fino al 2004 i caschi blu dell’ONU hanno garantito una piccolissima e flebile stabilità ma dal 2005 la situazione è precipitata.

Che succede oggi nel Congo ?  “La Repubblica” cita cifre da cataclisma: “Gli sfollati in Congo sono più di un milione e 600.000. Sono presi in trappola senza né acqua né cibo” e non riescono ad essere raggiunti da nessun tipo di aiuto umanitario. L’unica presenza, al momento, è quella dei “Medici senza frontiere” e di qualche centro salesiano che se pur minacciato resiste per proteggere i bambini ospitati.

Eugenio Balsini, coordinatore regionale dell’organizzazione non governativa Coopi ha dichiarato che “Il problema piu’ grande e’ il rifornimento di viveri, la pipeline del Pam e’ in crisi gia’ da luglio. Si aspettano altre scorte, ma non si sa quando arriveranno. Il l Cndp controlla le strade di accesso a Goma e non passano prodotti agricoli. La via di vettovagliamento principale e’ il Ruanda che pero’, qualora la diplomazia dovesse fallire, potrebbe decidere di chiudere le frontiere. (…) Nessuno va e nessuno vienese si oltrepassa il blocco non si torna piu’ indietro: si viene reclutati per combattere, un rischio che corrono soprattutto i bambini orfani. Sul piano negoziale il rischio maggiore e’ quello di tornare alle vecchie dinamiche: accordi che verranno meno dopo una fase di calma di 6-8 mesi; poi una nuova esplosione di violenza. Resta il fatto che l’opzione militare non ha portato a nulla finora“.

Allora si possono fare tante cose e tra le tante anche questa, ma comunque parliamone !