Contrarietà come forma di conoscenza

10320608_10202761559998427_4167550469198842261_nSembra che il primo ad usare l’espressione “Bastian contrario”, sia stato Alfredo Panzini nel suo Dizionario Moderno del 1918.

Io di questa definizione, che da bambino mi ero appiccicato addosso, ne avevo fatto uno scudo  impenetrabile.  Sarà stato per gioco o per spirito ribelle ma senza accorgermene articolavo rudimenti di ermeneutica. Il campo di applicazione era il fatto (i fatti) e la contraddizione il suo specchio da cui, poi,  derivavo un’esegetica pratica.

In sostanza il gioco dell’opposto veniva spinto il più possibile, tanto da poter  mettere alla prova una qualsiasi teoria (ingenua o scientifica) che con quell’andare oltre i suoi limiti ci raccontava il conoscibile.

Eraclito, per esempio, pensava che il mondo fosse regolato da una interdipendenza di concetti opposti e che  nulla potesse esistere senza il suo contrario (cosa che farà di lui il fondatore della logica degli opposti).

Ma di come si potesse ricavare una conoscenza da questa teoria della contraddizione c’è lo spiegherà, poi, Engels con  il “vero senso dell’unità dei contrari“.

E’ così che ho capito che bisognava guardare alla storia della scienza come una storia dove un vecchio errore veniva sostituito da un nuovo errore… ma meno assurdo.