SGOMBERATO IL CSOA ANZACRESA DI POTENZA

Mercoledì 13 dicembre 2017, dopo 15 mesi d’occupazione, il Csoa Anzacresa di Potenza è stato sgomberato.

L’atto, mascherato da un movente legalitario, è un chiaro gesto volto a reprimere ogni tipo di dissenso. C’è una volontà da parte delle istituzioni, inquadrabile nel più ampio contesto nazionale, di eliminare ogni critica politica e movimento che, dal basso, senza compromessi, porti avanti un percorso di riappropriazione di spazi e vite attraverso l’autogestione.
La stessa amministrazione comunale potentina, dopo aver constatato la solidità strutturale del palazzetto, ha espressamente ammesso di non avere fondi o progetti che possano rendere fruibile l’Ex Coni, che quindi tornerà inevitabilmente ad uno stato di degrado e abbandono.

La città sarà intanto privata di tutte le iniziative e le attività che gratuitamente si tenevano ogni giorno nel Centro Sociale e che, interrotte bruscamente, lasceranno in molte/i l’amaro in bocca e la consapevolezza di dover lottare. Ciò che spinse alla nascita del Csoa Anzacresa era la voglia di cambiamento, la necessità di uno spazio libero da logiche economiche e di potere, la rabbia di fronte alla vita precaria che ci viene imposta.
Privando la città dell’Anzacresa, le istituzioni non spegneranno la voglia di vivere i rapporti sociali in maniera differente e libertaria.
La lotta continuerà con maggiore determinazione e accresciuta consapevolezza.
Non ci fermeremo e non ci faremo intimidire da tutte le strategie repressive messe in atto contro chiunque viva di cambiamento.
Consapevoli delle difficoltà che ci aspettano e forti del percorso fatto guardiamo ad un presente fatto di lotta e dissenso.
LE CITTÀ RESTANO A CHI LE AMA!

IL COLLETTIVO ANZACRESA RESISTE!

Contro il cyberfascismo: autodifesa dei diritti digitali e indipendenza tecnologica

Questa è una traduzione del manifesto dall’hackmeeting spagnolo “Contra el ciberfascismo: autodefensa de derechos y soberanía tecnológica“.

Quando hanno rediretto i DNS catalani
non ho aperto bocca
perché non ero catalana.
Quando hanno sequestrato i server agli hacker,
non ho aperto bocca,
perché non ero un hacker.
Quando hanno bloccato gli indirizzi IP ai sindacalisti,
non ho alzato le mani in protesta,
perché non sono sindacalista.
Quando hanno tagliato la connessione ai migranti,
non ho detto una parola,
perché non sono un’immigrata.
Quando infine sono venuti e mi hanno sequestrato il telefono,
non c’era più nessun DNS, IP, servers o connessione che potessi usare, per denuciarli.

Martin Hackmölle

Le immagini della repressione contro le persone che hanno sostenuto il loro diritto a decidere per se stessi, il 1° ottobre in Catalunia, hanno fatto il giro del mondo. Più di 800 cittadini feriti e milioni di persone che ha partecipato al referendum, attestano la durezza repressiva di quel giorno: botte, calci e colpi contro persone che difendevano le urne, più la paura e l’incertezza di non sapere quando arrivano a prenderti.

Quello che NON ha avuto abbastanza attenzione sociale o mediatica è stata la repressione informatica che durante quel giorno e durante le due settimane precedenti ha colpito innumerevoli persone, infrastrutture, scuole, server, connessioni e dispositivi. Un attacco senza precedenti (né nello stato spagnolo né in Europa) e che crea un pericoloso precedente per brutalità e violenza tecnologica, soprattutto quando è occultato o presentato dai media come irrilevante, o perfettamente legittimo in un società democratica. Una violenza coperta dallo stesso sistema giudiziario che non ha esitato a dettare frasi bestiali e assurde come quelle di “cancellare l’identità digitale” di una persona il cui “crimine” è stato quello di insegnare a clonare un sito web. Una violenza praticata in tutti i livelli di Internet: fornitori, gestori di domini, contenuti, IP, DNS, connessioni e dispositivi.

Ecco una sintesi degli eventi repressivi che sono avvenuti in quei giorni:

  • Cambio dei DNS dagli operatori dei domini
  • Reindirizzamento del traffico HTTP
  • Blocco del traffico SSL-to-IP
  • Taglio fisico delle connessioni Internet della Rete Educativa della Regione
  • Chiusura di web hosting delle società di hosting catalane
  • Attacco DDoS all’IP per la registrazione nelle liste del referendum
  • Detenzione e minacce, alle persone che hanno inviato risposte via web, di requisizione dei dispositivi telefonici, computer e cambio della password dell’account Github
  • Monitoraggio degli IP delle istituzioni educative pubbliche
  • Rimozione di un’applicazione informativa dal Play Store (Android – Google)
  • Hanno obbligato i sysadmin a rivelare le password delle applicazioni delle istituzioni pubbliche

Alcune voci hanno descritto questi fatti come “la prima cyberguerra” contro la democrazia. Una guerra asimmetrica, dove un governo e le sue forze armate hanno attaccato con tutti mezzi possibili, mentre altri esseri umani difendevano in forma non violenta le loro infrastrutture e diritti digitali. In larga misura le istituzioni catalane e la società civile sono riuscite ad impedire alla repressione di arrivare al suo scopo. Ma questo tentativo è molto grave e le forze repressive hanno un obiettivo a cui noi abbiamo il dovere di opporci: vogliono attivare e normalizzare il fascismo cibernetico.

Come in tutte le guerre e le forme del fascismo, le prime vittime sono i diritti fondamentali: in questo caso il diritto all’accesso alle informazioni, il diritto di connettersi e il diritto all’espressione
libera.

Purtroppo, se non facciamo niente, il cyber fascismo “da solo” non si fermerà qui. Dalla Ingoberhack, l’Hackmeeting 2017 che è stato a Madrid, vogliamo denunciare i fatti e ricordare che:

1. Soprattutto e al di là di tutte le misure di protezione e di resistenza tecnologica, vogliamo e pratichiamo: il rispetto al diritto di accesso alle informazioni, la connessione e la libertà di
espressione, il diritto a infrastrutture che permettono alla gente di collegarsi, di dialogare e di esprimere i loro desideri, opinioni e affetti.

2. Quando la repressione viene esercitata su infrastrutture di internet, colpisce tutte le persone. È responsabilità di tutta la società denunciare e difendersi da questa repressione.

3. che la garanzia dell’esercizio effettivo di questi diritti, in ultima analisi, risiede in una sovranità tecnologia che ci riguarda in modo identico: nello sviluppo di infrastrutture di connettività libere, come Guifi.net, nello sviluppo e diffusione di sistemi di traffico distribuiti come Tor, nella costruzione e nell’uso di informazioni P2P come IPFS, nella promozione e nella formazione popolare di strumenti di crittografia (come GPG), nella promozione e la difesa del Software Libero.

4. che questa sovranità tecnologica e la libertà di informazione siano la condizione della possibilità di una società libera. Al di là di qualunque altra questione politica, dobbiamo difendere l’uso di questi strumenti che ci permettono di esprimerci e di organizzarci come esseri umani liberi.

Per questo motivo, al di là di specifiche opinioni politiche, lanciamo una chiamata per difendere i luoghi digitali che garantiscono la libertà di espressione tra pari.

Per approfondimenti qui.

Vuoi che la Catalogna sia uno stato indipendente in forma di repubblica?

«Ets italià? Parles italià!».  Questo mi rispose un tizio in una birreria a Barcellona, alla mia richiesta di informazioni.  All’epoca stavo frequentando il biennio di spagnolo all’università e ricordo di esserci rimasto male. Pensai che il mio spagnolo era talmente brutto che anche le mie semplici frasi non meritassero una degna risposta. Peggio, forse m’era capitato soltanto a Parigi dove, se eri fortunato, ti correggevano. Ben presto mi resi conto, invece, che non era la mia pronuncia ma il mio “castigliano” a non meritarsi una risposta. Era l’estate del 1981 ed erano passati solo pochi anni dall’approvazione della nuova Costituzione spagnola con il suo famoso articolo 3:

El castellano es la lengua española oficial del Estado. Todos los españoles tienen el deber de conocerla y el derecho a usarla.
Las demás lenguas españolas serán también oficiales en las respectivas Comunidades Autónomas de acuerdo con sus estatutos.
La riqueza de las distintas modalidades lingüisticas de España es un patrimonio cultural que será objeto de especial respeto y protección.

Dunque i catalani, dopo la dura dittatura franchista che aveva abolito l’autonomia e proibito la loro lingua, riprendevano con forza le tradizioni, la storia e la lingua e io me ne stavo, appena, rendendo conto.  E’ un ricordo che mi è venuto in mente in questi giorni mentre assistevo al gran bailamme di cazzate, o di pressapochismi, intorno alla questione del referendum catalano.  Si tratta infatti di una vera e propria questione” con radici profonde che va oltre le semplici rivendicazioni territoriali o separatiste alla “Lega Nord”, tanto per intenderci.

Precisiamo, per chi non sa come funzionano le istituzioni spagnole, che la Spagna è suddivisa in diciassette comunità quasi del tutto autonome e alcune di loro, come i Paesi Baschi e la Catalogna, hanno anche una dinamica politica molto marcata, con dei propri partiti regionali.

La maggioranza dei catalani, per esempio, poco si identificano con l’attuale governo del Partido Popular  anche per via di un’idea di repubblica e di democrazia completamente diversa.

C’è una forte volontà di dire la propria. Una voglia di esprimersi su una questione vitale che coinvolge trasversalmente tutta la comunità, dai conservatori alla sinistra, per finire agli anarchici.

Al di là di discutere o decidere sull’utilità o meno del separatismo, bisognerebbe capire, intanto, perché il governo di Rajoy ha fatto di tutto per impedire questo referendum?

La repressione e la violenza da un lato e la forza e la determinazione dall’altra danno un senso alla misura delle cose, e queste non possono appartenere a una semplice idea di unità nazionale, debbono invece far parte di una diversa visione, più ampia e più complessa, della società in generale. Una visione che cozza frontalmente con uno stato che ha dimostrato tutta la sua rude deriva autoritaria.

Le misure repressive applicate (divieto del diritto di assemblea e di manifestazione in tutto lo stato; accuse di sedizione; arresti di funzionari pubblici e rappresentanti politici; minaccie di sospensione a 700 sindaci; perquisizioni delle sedi di giornali, media e partiti; sequestro del materiale per il voto; siti web oscurati e chiusura della connessione internet nella giornata delle votazioni) ne hanno chiarito definitivamente la natura, semmai ce ne fosse stato bisogno.

Soltanto una vera paura, un serio timore per la propria conformazione istituzionale, poteva mettere in moto, come molti hanno sostenuto, la forma dello Stato d’eccezione.

E’ uno scontro istituzionale (potere locale contro potere centrale) che non ha precedenti, con la complicità dei socialisti del PSOE che nulla hanno fatto per impedire che la mano “franchista” del governo Rajoy si abbattesse sull’intera comunità; anzi lo spirito collaborazionista ha indotto gli pseudo-socialisti spagnoli a ostacolare anche la proposta di Podemos di concordare un legittimo referendum.

 

Ma, come dicevo prima, lasciando da parte la questione dell’indipendentismo, resta tutta intero un semplice interrogativo: perché e a chi può far paura la domanda: “Vuoi che la Catalogna sia uno stato indipendente in forma di repubblica?”.

A San Valentino boicottiamo la retorica dell’amore su Twitter!

[post copiato e incollato da Pasionaria]

San Valentino ti stressa? Il romanticismo commerciale ti disgusta? Non ne puoi più di slogan stereotipati sull’amore eteronormativo e patriarcale?

Allora, il 14 febbraio, partecipa con noi al boicottaggio della retorica dell’amore per lanciare lo sciopero delle donne e dai generi dell’8 marzo!

Per farlo ti bastano uno smartphone e un account Twitter. Non una di meno ha organizzato un “inquinamento” dell’hashtag ufficiale di San Valentino che ogni anno viene sponsorizzato da Twitter.

“Il nostro obiettivo – comunica il coordinamento di Non una di meno – è quello di sfruttare la visibilità dell’hashtag di San Valentino e quello che uscirà lo stesso giorno per il film ’50 sfumature di nero’ per dirottare i contenuti ai nostri verso l’8 marzo”.

Come si fa? Semplice si twittano messaggi sullo sciopero dell’8 marzo utilizzando gli hashtag che sono trend topic (cioè i più usati del momento) per diffondere i nostri temi a quante più persone possibile!

Per scoprire quale sarà l’hashtag della giornata bisognerà aspettare San Valentino. La mattina del 14 febbraio lo comunicheremo sui nostri canali social.

La “Twitter storm” (tempesta) vera e propria inizierà alle 16, come annunciatonell’evento Facebook: “Inizieremo alle 16, in un orario strategico, e andremo avanti ad oltranza, tenetevi pronte, perché inizieremo a scatenare la nostra rabbia, scateneremo questa marea ormai inarrestabile”.

Frasi per boicottare San Valentino

Su Twitter non sai mai cosa scrivere o hai paura di essere a corto di idee? Nessun problema: vi suggeriamo alcuni dei possibili messaggi da usare, diffusi da Non una di meno, e di seguito anche qualche foto e gif utili.

Ricorda che ad ogni frase andranno aggiunti gli hashtag #50SfumatureDiNero e quello sponsorizzato, che si scoprirà solo il 14 febbraio. 

L’amore è un’altra cosa: #LottoMarzo sciopero delle donne!

Rifiutiamo l’immaginario romantico, verso lo sciopero dell’#8M

La precarietà nuoce gravemente alla salute sessuale! Sciopero #LottoMarzo

Oggi amore, domani dolore? #LottoMarzo sciopero delle donne!

Se mi ami non mi giudichi: #LottoMarzo sciopero delle donne!

Possedere non è amare: #LottoMarzo sciopero delle donne!

Amore è libero e femminista, tutto il resto è patriarcato: #8M sciopero!

A San Valentino uccidi l’eteronormativitá che è in te: #8M sciopero dai generi!

NO vuol dire NO: #LottoMarzo sciopero delle donne!

Gender panic! #LottoMarzo sciopero dai generi!

Immagini per boicottare San Valentino

Preferisci le immagini alle parole? Ecco qualche link dove trovare immagini da usare nei vostri tweet, da abbinare sempre all’hashtag #50SfumatureDiNero e a quello sponsorizzato, che si scoprirà solo il 14 febbraio

Gli “adesivi” transfemministi:
https://sommovimentonazioanale.noblogs.org/post/2015/03/07/otto-favolosi-adesivi/

Gif di Beyoncé: http://gph.is/2k48QzG
Gif di Eva Green: http://gph.is/2kUhJLc
Gif di Danish Girl: http://gph.is/2k4G8tJ
Gif di Priscilla: http://gph.is/2k44Vmp

san valentino
Dichiarazione di guerra a San Valentino!

A San Valentino ricordiamo a tutti che per diffondere l’amore bisogna combattere la violenza!