Catching ‘em all

Sembra arrivata l’ora di Pokémon Go. A breve il gioco sarà scaricabile anche in Italia e in qualche modo dobbiamo attrezzarci.

Il gioco non gira su tablet ma solo su smartphone con iOS e Android, al momento Microsoft è fuori come sono fuori tutti gli smartphone con le CPU Intel.

I requisiti per Android:
– versione Android 4.4 KitKat;
– display con risoluzione 1280×720 pixel;
– connessione internet (minimo 3G);
– GPS.

I requisiti per iOS:
– versione iOS 8;
– iPhone 5;
– connessione internet (minimo 3G);
– GPS.

Attenzione, se avete fatto il  jailbreak al vostro iPhone l’app non funziona, la stessa cosa se avete scaricato e installato l’apk, dovrete disinstallarla per scaricare e installare il gioco in italiano.

Il gioco viene definito a “realtà aumentata” perchè, utilizzando il GPS, vi geolocalizza e vi fa apparire i pokémon sui luoghi che frequentate comunemente.

Dopo aver lanciato l’app bisognerà configurarla con un profilo-utente, attivare internet e gps, e dopo aver dato uno sguardo al tutorial iniziale si è pronti per il gioco.  Quando pokémon Go vi avviserà, con una vibrazione, della presenza nei paraggi di un pokémon, dovrete inquadrare di fronte, e intorno a voi, con la fotocamera e appena individuate un pokémon, dovete tirar fuori una poké ball e con le dita lanciargliela contro, se fate centro lo catturerete e arricchirete la vostra pokédex. Ovviamente la cattura non è proprio facilissima e le difficoltà aumenteranno ad ogni livello successivo.   In sostanza più girate e più possibilità avrete di incontrare pokémon e, soprattutto, pokéstop, delle scatole blu dalle quali prelevare (scorrendovi sopra con le dita) degli oggetti utili per catturare i pokémon, o delle uova di pokémon che si schiuderanno dopo che avrete coperto una certa distanza.

I giocatori (allenatori) già esperti consigliano di lanciare la poké ball con un tiro né forte e né debole ma soltanto quando il pokémon è esattamente dentro un cerchio di colore verde.  I pokémon più facili si cattureranno anche con una sola poké  ball, per quelli rari o evoluti ce ne vorranno di più.

Come per tutti i giochi anche qui, se avete voglia di spendere dei soldi (che vi sconsiglio di fare), potete acquistare delle monete da spendere nell’acquisto di poké ball più efficienti come le Great Ball, le Ultra Ball o le Master Ball.

Tips and tricks

Quando siete a caccia sulla vostra mappa e notate un movimento nell’erba, vuol dire che siete vicini a un pokémon. Consultate il grafico in basso a destra sullo schermo per vedere di quali pokémon si tratta e a quale distanza si trovano: se nel grafico vedete tre impronte allora il pokémon è lontano, con due è un po’ più vicino mentre con una sola impronta potete preparare la poké ball e quando non ci saranno più impronte siete pronti per la cattura.

Tenete conto che i pokémon fanno parte di grandi famiglie legate agli elementi naturali (laghi, erba, vulcani, ecc…) e pertanto saranno presenti in prossimità di tali elementi. Ce ne sono anche di notturni, come Haunter e Golbat , che se volete catturare dovrete passeggiare di notte.

Strumenti utili sono gli incense pot, che lanciati a terra creano una nuvola che attira i pokémon; oppure i lure module che, se attivato nel pokéstop, attira pokémon per la durata di 30 minuti, in questo caso visibili a tutti i giocatori che si trovano nella stessa area.

Dal quindo livello in poi avrete l’accesso alle pokémon gym, dei posti in cui combattere con altri giocatori per impossessarvi dei loro pokémon.

Un consiglio utile per i combattimenti è quello di muovere le dita sullo schermo il più velocemente possibile.

Se volete delle scorciatoie sappiate che è possibile barare falsando la propria posizione sul GPS, come descritto da Jake Davis, con un trucco banale che fornisce false coordinate al GPS allo smartphone in modo da sembrare di essere presenti in determinati posti. Avrete in tal modo un mezzo potente in grado di trasportarvi in qualsiasi posto vergine o poco popolato.  Ma attenti perché se la Niantic se ne accorge vi bannerà.

Inoltre Il Sole 24 ore vi svela anche chi c’è dietro Pokémon Go.

A tutto Pokémon Go

Pokémon Go non è ancora ufficialmente in Italia ma molti già ci giocano avendo scaricato l’apk per Android o da un account americano per iOS.

Kotaku però si è accorto che Pokèmon Go fa più di qualsiasi altra app.

Oltre a tracciare lo smartphone anche se gli avete negato l’accesso e raccogliere dati per fornirli a società terze non dichiarate, si impossessa dell’accont Google.

Se si accede con un account Google, Niantic (la società produttrice di Pokèmon Go) diventa di fatto proprietaria dell’account e di tutto quanto è collegato ad esso. Può praticamente leggere le e-mail di Gmail, tutti i documenti di Google Drive e le foto di Google Foto.

Ovviamente, capite da voi, che il rischio è troppo alto.

La buona notizia è che Niantic lo sa e che, al momento, sta forzando l’app a non richiedere troppi permessi, ma è sempre meglio dare uno sguardo alla Google Dashboard.

Il consiglio è quello di aspettare la nuova release dell’app, ma soprattutto l’uscita italiana ufficiale.

Elise the Fiery Templar

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Arno Victor Dorian corre contro il tempo per salvare dal patibolo  una giovane nobildonna: Elise.
Sarà proprio lei il nuovo personaggio, “femminile” della nuova avventura di Assasssin’s Creed Unity che, come annunciato da Gematsu, entrerà nella dinastia dei Templari nel bel mezzo della rivoluzione francese.
La cronaca racconta di una certa Jessica Smith che con la  sua petizione contro Ubisoft è riuscita a far nascere il personaggio femminile; ma potrebbe anche essere stato tutto un bel piano di marketing.

DOTA 2, the beta is over

dota2Su Steam la community più grande, con oltre 3 milioni di giocatori al mese, è certamente quella di Dota 2. Le ragioni del suo successo sono molteplici e tra queste certamente va considerato il fatto che è un  free-to-play (F2P), ovvero ti fa giocare gratis a meno che non decidi di comprarti la versione a pagamento; che è  un MOBA (Multiplayer Online Battle Arena) e quindi tra i generi strategici più seguiti; ma anche perché è un bellissimo gioco dalla complessità progressiva: uno di quei giochi nel quale ti rendi conto che dopo 500 ore di partita ne sai ancora poco.

Insomma Dota 2 esce dalla beta e lancia la sua versione finale. Se decidi di giocarci mettiti in coda e aspetta il tuo turno; perché se chi già giocava non si accorgerà nemmeno del cambiamento, ai nuovi giocatori l’accesso sarà “gestito a ondate“.

Giusto qualche consiglio ai newbie:
esercitatevi offline nei livelli facili, almeno per le prime partite, con bot in entrambe le squadre e aumentate pian piano i livelli di difficoltà fino a quello “difficile”. Se sarete troppo frettolosi,  nelle partite player vs player, vi farete distruggere immediatamente oltre che insultare facilmente e l’unica cosa che avrete imparato sarà quella di scappare velocemente.

🙂

Ultimo nato nella Republic Of Gamers

asusscreen-shot-2013-06-04-at-12.21.41-pmmatIl lato gaming della ASUS è pronto con un nuovo PC dalle altissime prestazioni. Si tratta del Poesidon Formula One:  schede grafiche NVIDIA GeForce GTX 700, raffreddamento ibrido con Asus CoolTech (pettinatura dei ventilatori che con un disegno unico forzano l’aria sul dissipatore in più direzioni) e un sistema liquido che, dicono, riduca la temperatura di esercizio fino a 31 gradi Celsius, dando campo libero all’overclock. La scheda madre è l’ultima nata in casa ROG la Maximus VI e l’audio con uscita per cuffie 120dB e amplificatore 600 Ohm è assicurato dalla  SupremeFX.
Prezzo? boh.

[via engadget]

Solar 2

La parola d’ordine è galleggiare nell’universo.

Solar 2 è un gioco sviluppato da Murudai ed  è una sorta di “mondo aperto”  dove il giocatore parte  con un asteroide e pian piano deve farlo crescere  fino a farlo diventare un buco nero.  Ma non confondetelo con un “god game” , qui siete semplicemente dei “piloti”, o dei “conducenti”, se preferite,  spingete e direzionate i pianeti e basta; anche quando questi avranno vita e lanceranno armi voi non ne avrete alcun controllo.

Quando il vostro buco nero avrà raggiunto la massa critica, assorbendo ogni atomo nell’universo, ci sarà il Big Bang e ritornerete a guidare nuovamente  un asteroide.

Ovviamente non  è tutto qui, durante il gioco dovrete compiere delle missioni, raggiungere degli  obiettivi e superare livelli di difficoltà.

Io l’ho provato sul Nexus 7 ed è davvero divertente, ma esistono versioni per tutte le piattaforme.

The Binding of Isaac

Isaac è un bambino normale e vive in una casetta su una collina. La madre, fervente cristiana, passa il tempo a guardare un canale TV cristiano.

Fin qui nulla di strano, se non il fatto che la mamma di Isaac, all’improvviso, inizia a sentire una voce che gli dice che suo figlio, purtroppo, è fuorviato dal peccato e quindi bisogna salvarlo dal male togliendogli tutti i giocattoli e i videogiochi. Ma non basta, perché la voce si ripresenta alla madre dicendogli di chiudere a chiave Isaac nella sua stanza.

Neanche questo basterà, perché la voce chiederà alla madre una prova della sua fede chiedendole di uccidere/sacrificare il figlio.

La madre prende un coltello e va verso la stanza di Isaac il quale, però, avendo visto tutto attraverso un buco della porta, scappa infilandosi in una botola che c’è nel pavimento della sua stanza, lasciando un suo disegnino appeso a una parete.

Parte così il gioco fatto da tanti livelli casuali da concludere per giungere a diversi finali.

The Binding of Isaac, ovviamente ispirato al sacrificio di Isacco, è stato considerato blasfemo e avversato per diverso tempo dai cristiani di tutto il mondo. E’ un gioco indie realizzato da McMillen (lo stesso autore di Super Meat Boy) ed è su Steam e Humble Indie Bundle già dal 2011.

Ve lo consiglio è davvero molto divertente.

 

Indie games

La parola indie, come per tutti i campi in cui viene impiegata, sta per independent e rappresenta un approccio autonomo (e  indipendente dall’industria) di sviluppare e produrre. Lo stesso vale per i giochi, dove piccoli amatori producono in proprio un gioco tenendosi a debita distanza dalle software house che impiegano molte risorse e monopolizzano il mercato.

All’inizio erano singoli autori che sviluppavano a proprie spese un gioco, distribuendolo, poi, “alla buona” e magari cercando di racimolare almeno le spese.

Il loro valore aggiunto, nel tempo, è stato quello di innovare il settore della distribuzione digitale e di dribblare le major. Anche se poi giochi come Braid, World of  Goo, e il più famoso Minecraft, sono diventati un successo anche finanziario.

Proprio perché il mondo indie si è esteso a dismisura oggi ci si trova di fronte a due tendenze ben separate di questa “filosofia digitale” che possiamo, sommariamente, dividere in quella purista e quella artigiana.

L’Indie puro è sinonimo di amore per la realizzazione del gioco; chi lo realizza lo fa per sviluppare una propria idea senza intromissioni e intermediazioni di nessun tipo, né tecniche e tanto meno economiche (per intenderci neanche quelle sulla piattaforma su cui dovrà poi girare il gioco).

La corrente artigianale, invece, prevede soltanto alcune caratteristiche sommarie relativamente all’impiego delle risorse umane e finanziarie: l’importante è essere in pochi e con un badget limitato. Da quest’idea sono nate piccole o medie software house che si definiscono indie come, per esempio, Codemasters.

Ma è bene non confondere il concetto di indie con quello di “professionalità” perché, altrimenti parleremmo di qualcos’altro: un piccolo team di sviluppatori (anche uno solo) che segue canonicamente una linea professionale di produzione sarà sempre e soltanto una piccola azienda e basta.

Oggi il campo di applicazione è fortemente orientato verso le piattaforme di crowdfunding (che è un’idea tutta italiana, se sei curioso leggi qui), dove piccoli e/o singoli autori lanciano la loro idea di progetto unitamente a una raccolta di finanziamenti. Qui l’idea, meglio se corredata di un progetto di fattibilità, si costituisce come una vera e propria campagna di raccolta fondi i cui finanziatori non sono nient’altro che i futuri utilizzatori del gioco. Anche qui l’aria si è rarefatta, soprattutto per via della sicurezza degli utilizzatori e oggi, si può dire, che le piattaforme più sicure e più utilizzate sono un paio: Indiegogo e Kickstarter.

Si imposta il progetto, si lancia la campagna di finanziamento, che dovrà prevedere l’obiettivo economico da raggiungere e il tempo stabilito per il suo raggiungimento, e  si pagano i costi per l’uso della piattaforma e per il “fallimento” del progetto (più o meno, in ordine, dal 4%  al 9% dell’importo del progetto).

Beh, non si pensi che l’industria sia stata a guardare, tutt’altro, sono più di dieci ani che questa pesca autori e progetti nell’universo indie che, in questo caso, funzionano come da startuppers. Si pensi, ad esempio, all’Independent Games Festival dove di indipendente è rimasto soltanto il nome.

Valve e Microsoft tattiche di separazione

Cos’é Valve? E’ una società che oltre a produrre qualche gioco ha sviluppato e gestisce la piattaforma Steam per la distribuzione digitale dei giochi, la gestione dei diritti digitali e il multiplayer. E’ in funzione dal 2003 e ad oggi conta su circa 40 milioni di utenti; gestisce e distribuisce oltre 1500 videogiochi soltanto tramite internet.

Per fare tutto questo Valve si è sempre appoggiata al colosso Microsoft (e al suo S.O.) con il quale aveva stretto un fraterno e solido accordo.  Ma come nelle buone famiglie si litiga e ci si separa e anche per Valve e Microsoft sembra giunta l’ora del divorzio.

L’ora dell’autonomia, a nostro avviso, è scattata prima con il gran parlare intorno alla produzione di una consolle in proprio (la Steam Box) e poi con il lancio del progetto linux.

In realtà è da un bel po’ di tempo che nella comunità di Steam si parlava di questo ma da qualche mese chi aveva compilato l’apposito form sul sito di Valve, ha già ricevuto via e-mail l’autorizzazione a scaricare e installare la nuova beta di Steam per Linux.

Insomma la strada si è aperta.

Non sono più juventino

Il 30 giugno si è conclusa la storia di Alessandro Del Piero con la Juventus. E’ scaduto il contratto che ha legato per 19 anni il calciatore con il club bianconero. Si, è vero, in questo blog non mi sono quasi mai occupato di calcio ma la vicenda è particolarmente significativa per me che sono (ero) juventino e grande estimatore di Del Piero.

Nella mia lunga “militanza” da tifoso ho avuto poca grande-passione per i calciatori tranne che per Sivori, del quale, in verità, conservo più un’immagine mitica che reale poiché lo ricordo a mala pena con la maglia del napoli; o  per un difensore di ruolo come Billy Salvadore che cercavo di imitare nelle partite che d’estate facevamo nello spiazzo davanti casa e d’inverno, insieme ai miei fratelli, dentro casa tra la disperazione di nostra madre. Infine per Del Piero, inventore di un gesto atletico che porta il suo nome: un gol con un tiro da sinistra a rientrare verso l’incrocio dei pali.

E’ lui “il personaggio che meglio incarna il valore della sportività negli ultimi 50 anni”  ed è sicuramente lui il campione più amato dagli italiani.

Di Del Piero ho apprezzato il suo “preciso” rapporto professionale con la squadra, la sua genialità “regolare”, il senso del sacrificio, il rispetto per avversari, la qualità tecnica del gioco e anche se ciò non fosse bastato a fare di lui un campione ci sono sempre i numeri che, per tanti, contano come unico elemento di valore.

Numero delle presenze con la Juventus

  • Alessandro Del Piero: 705
  • Gaetano Scirea: 552
  • Giuseppe Furino: 528
  • Roberto Bettega: 481
  • Dino Zoff: 476
  • Giampiero Boniperti: 466
  • Sandro Salvadore: 450
  • Franco Causio: 447
  • Antonio Cabrini: 440
  • Antonello Cuccureddu: 433

Numero di goal segnati con la Juventus

  • Alessandro Del Piero: 290
  • Giampiero Boniperti: 183
  • Roberto Bettega: 178
  • David Trezeguet: 171
  • Omar Sívori: 167
  • Felice Placido Borel II: 161
  • Pietro Anastasi: 131
  • John Hansen: 124
  • Roberto Baggio: 115
  • Federico Munerati: 114

Sto ripetendo cose scritte e riscritte un po’ da tutti ma lo faccio soltanto per annotare qui il mio disappunto per la scelta incomprensibile di una squadra verso il suo campione.

Bastavano poche e scarne considerazioni per tenersi stretto un calciatore consacrandolo definitivamente bandiera e simbolo della squadra e invece no, la Juventus non l’ha fatto ed ha tentato più volte di liberarsene anche dopo che il campione firmava contratti “in bianco“.

Oggi lo so che è difficile lasciare la squadra per la quale si è tifato per tanti anni, ci vogliono forti motivazioni o cocenti delusioni.  C’è una fase nella vita, ma proprio quando si è molto piccoli, che queste cose ti riescono meglio, dopo è più complicato. Ma anche se ho resistito, a fatica, al caso Moggi questo “licenziamento” proprio non riesco a mandarlo giù.

Il tifo è una cosa strana, è un amore completamente sbilanciato che per quanto ti sforzi non riesci ma a trovarci qualcosa di razionale, però non è sempre possibile tifare al di là di tutto. Almeno, credo e spero di no.

Ecco, io  non sono più juventino,  tutto qui.

Fire e mobile gamers

Professor G mi segnala un’analisi di Anna Rozwandowicz su “NewZoo” dalla quale risulta che negli USA ci sono 17,4 milioni di proprietari di Kindle Fire che nell’81% dei casi lo usa per giocare, mentre dei 30,5 milioni di possessori di iPad fa la stessa cosa una percentuale più bassa (77%).
A parte la differenza dei numeri che è poco significativa (perché il Kindle Fire è sul mercato da circa cinque mesi mentre l’iPad è uscito già due anni), il problema è che i mobile gamers sono concentrati su altre piattaforme, come ben sanno la Nintendo, la Sony e la Apple che già dal 2010 si vantava (o millantava) di essere la prima del settore con l’iPod-Touch.
Infatti, come sottolinea la Rozwandowicz, negli USA il 69% dei “giocatori mobili” usa uno smartphone, il 21% un tablet e il 18% un iPod-Touch (in Europa le percentuali sono: 69%, 16% e 11%). Da una mia personalissima indagine commissionata a mio figlio nel liceo che frequenta il dato viene pressoché confermato: al primo posto lo smartphone e al secondo l’iPod-Touch (con una piccola élite che usa l’Xperia play).
Il problema è che smartphone e tablet sono piattaforme più distanti di quanto si creda e una parte sostanziale di questa differenza (a parte le esigenze) la fa il display, infatti il Fire si avvicina di più per dimensioni e sembra che anche la Apple ci stia pensando. Io ne avevo parlato qui e se volete qui trovate una tabella comparativa.

Concludo con una bella infografica tratta da “NewZoo” e se volete approfondire andate qui.