Il troll che s'aggira nel tech

Cos’è il troll dei brevetti, Patent Trolls o “non-practicing entities” (NPE)?
La questione non è proprio nuovissima visto che se ne parla già da una dozzina d’anni, ma è il dato che è diventato preoccupante. Ne parla TechHive ed è una nuova “pratica economica” messa in moto da aziende o società che “producono/accumulano” brevetti al solo scopo di innescare poi procedure di risarcimento verso tutte le grandi aziende tech. Ne sanno qualcosa Apple che è la prima della lista (la notizia è infatti riportata anche da Melamorsicata), HP, Samsung, Microsoft, Sony, Dell, LG, AT&T e altre 4.200 aziende citate in giudizio per NPE nel 2012.
La pratica funziona perché i tempi per la risoluzione delle controversie si aggirano intorno ai tre anni e quindi le grandi aziende preferiscono acquistare le licenze con un accordo stragiudiziale.
E’ stato stimato un profitto annuo intorno ai 90 miliardi di dollari e un costo, o “tassa troll”, di 1040 mila dollari all’anno per le imprese con un fatturato annuo inferiore a $ 1 miliardo, e di 57.670 mila dollari per quelli con redditi oltre $ 50 miliardi di dollari.
Un buon affare quindi, finché dura, visto che il Congresso sta discutendo sul come ridurre l’impatto di NPE.

La Smart City sei tu ma i sindaci non lo sanno

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Dice Davide Bennato  che le Buzzword più di moda oggi sono i Big Data che, a parte le motivazioni economiche, rappresentano un “vero cambiamento del modo con cui gestire i processi sociali, economici e culturali”. E’ ovvio che quest’idea va inevitabilmente connessa a quella di Smart City. Senza una lettura (intelligente) dei dati del traffico, dei rifiuti, dell’energia, dei trasporti, ecc…, è difficile poter palare di città intelligenti.
Proprio per farsi un’idea di cosa significhi tutto questo la General Eletric ha realizzato una miniserie per raccontare come la città di Datalandia gestisce intelligentemente i propri dati salvando i cittadini da vampiri e alieni.
Quello che mi colpisce di più nell’idea della General Eletric, oltre al simpatico sequel, è la possibilità di diventare un personaggio dei video, proponendo la propria faccia e il personaggio attraverso una pratica interfaccia grafica.
Questa cosa vi sembrerà pure una cavolata della strategia della comunicazione ma viene, forse inconsapevolmente, sintetizzata l’essenza della città intelligente.  Se guardandovi intorno scorgete talvolta sindaci tuttofare che non si preoccupano delle idee altrui perché troppo impegnati a sviluppare energicamente le loro, preoccupatevi voi perché è un danno quasi irreparabile. Se nella vostra città si parla di contenitori di hub, di nodi e di collegamenti, ma non trovate un modo per dire la vostra allora v’é capitato il sindaco-manager, quello che usa la fascia tricolore come una falce per mietere solo consensi politici “interessati”.
Se la Smart City dev’essere l’insieme delle reti interconnesse (trasporti, elettricità, edifici, relazioni sociali, acqua, rifiuti, ecc…) e di interventi tesi a una maggiore sostenibilità a 360 gradi, questo deve significare necessariamente una maggiore qualità dei servizi, in uno, una migliore qualità della vita. Non possono bastare solo i dati e la loro lettura; ciò che rende intelligente il suffisso “smart” è la capacità di creare interazioni stabili ed efficienti tra cittadino e amministrazione. In una parola sola: non è il cittadino che si adatta alla città ma, al contrario, la città che si adatta al cittadino.