Back to the past

dc-balena-biancaChe ne viene al PD di questo governo di centrodestra? Il centrodestra, appunto.
Le risposte sono tutte “interne” e per niente “esterne” così come non stanno per nulla in piedi le analisi di Speranza. Se le ragioni fossero state esterne il PD avrebbe tenuto in maggior conto la propria coalizione “Italia bene comune” e i proclami elettorali. Avrebbe accettato di trattare con il M5s, non per finta, anzi avrebbe preso al volo la proposta Rodotà  per avviare una qualsiasi trattativa (per esempio Prodi presidente della repubblica e Rodotà presidente del consiglio). Invece hanno scelto la strada, già segnata, della larga coalizione, scaraventando SEL all’opposizione; il tutto con grande coerenza rispetto ai vari giuramenti.
Non si pensi che il problema sia stata l’incapacità di Bersani nel non aver saputo costruire un governo di sinistra; se proprio si vuol riconoscere un ruolo all’ex segretario è quello di esser stato travolto dal peso delle correnti e di essere stato seppellito sotto la coltre centrodestrista: come nella bella immagine di Serra: “quelli di sinistra che odiano la sinistra”.
In sostanza quello che fu il “fattore K” per il PCI si è trasformato nel “fattore Dc” per il PD, ovvero una linea di gravitazione trasversale che attraversa un gran numero di partiti che siedono in parlamento.  Giustamente Cirino Pomicino definisce queste manovre governative di larghe intese come il ritorno della prima repubblica fatta dai giovani cresciuti nella balena bianca.
E questo è, nulla di più.

Due questioni e mezzo

bridging-the-gapCon i tre argomenti contro di Mantellini, i quattro contro e uno a favore di Giuseppe, la “controdemocrazia” di Giovanni e per finire con la sconfitta dei luddisti di Chiriatti si riavvia, almeno lato rete, la ciclica questione della forma dei partiti e dei loro sistemi di connessione.
Secondo me, e per rimanere in tema, le questioni sono due contro e mezza favore:
1) quali partiti.
Io avevo inizato a ragionarci un po’, e anche se in modo emozionale, prima delle elezioni e vorrei oggi affinare il tiro.
E’ bene chiarire subito, a scanso di equivoci, che quando parlo di partiti mi riferisco a quelli di sinistra che “dovrebbero” avere fissato nel loro DNA l’esigenza di un rapporto continuo e produttivo con quella che comunemente è definita “base”.
Dice bene Chiriatti che ormai i partiti fanno bonding invece di bridgin, anche se sbaglia la metafora iniziale perché paragona la democrazia alle religioni e la cosa non funziona giacché le religioni essendo teleologicamente indirizzate non necessitano di approvazione da parte dei suoi aderenti (e i suoi rappresentanti sono eletti solo perché scelti da dio); mentre la metafora del ponte funziona ma limitatamente al rapporto cittadini-partiti-Stato, perché, invece, tra i partiti e sui aderenti e/o simpatizzanti per anni si è sempre parlato di “cerniera” proprio per dare il senso di una distanza inesistente.
La democrazia di cui parliamo è quella in cui gli eletti rappresentano indirettamente i cittadini che dovrebbero, prima e dopo, recuperare forme dirette di rappresentanza (fatta eccezione per quella istituzionale come i referendum) proprio nel loro rapporto con il partito.
2) Con chi parla il partito?
Ora il problema è proprio qui: i partiti hanno dismesso il loro compito di far recuperare al cittadino il suo ruolo diretto semplicemente diluendo al massimo le forme di partecipazione diretta e, probabilmente, esagerando nel verticismo.
Ecco che ritorna la rete, il web, che a dispetto della sagoma a conchiglia del partito ridà voce alla “base” in forma di megafono; o, come l’ha definito qualcuno, come un tifo da stadio che condiziona la squadra.
Ma in che modo i partiti tengono conto di queste voci provenienti dal web? Forse quasi in niente. Se consideriamo che i partiti sono presenti soltanto come brand (sordi alle proposte) preoccupati unicamente del proprio marketing il cui ascolto, come dice Mantellini, spesso è affidato a un soggetto proveniente dai piani medio bassi della struttura.
Il paragone con le aziende, per esempio nel caso del PD, non è proprio peregrino dal momento che lo slogan “prima la ditta” fu la parola d’ordine scelta per salutare l’ex onorevole Antonio Luongo che ritirò la propria candidatura per fatti giudiziari.
2 ½) chi fa ascolto?
Se i partiti non ascoltano allora, forse, lo fa singolarmente qualche politico. Si forse, ma in che modo e come filtra non è dato sapere. Per esempio ho scoperto che mentre il sindaco della mia città che non rispondeva a nessuno, neanche alle richieste più educate sulla ZTL, il presidente della provincia tweettava direttamente e rispondeva personalmente quasi a tutti.
Allora la mezza, diciamo, è nella direzione di quello che Giuseppe indica come tecnologie che pur non determinano nulla (almeno fino ad oggi) “abilitano” all’uso.
E dove sta’ l’altra metà? Nel credere di più sia nel concetto di partecipazione diretta che nell’uso delle nuove tecnologie e, a tal riguardo, quello del Movimento 5 stelle non può che essere un esempio da “copiare” pari pari: dall’esperimento delle primarie e delle “quirinarie”, alle piattaforme del Meetup e di LiquidFeedback.

La storia degli auguri di compleanno su Facebook

<img class=" wp-image-2630 alignleft" alt="compleanno-facebook" src="http://www.vitocola.it/wordpress/wp-content/uploads/2013/04/compleanno-facebook.jpg" width="378" height="189" srcset="http://www.vitocola.it/wordpress/wp-content/uploads/2013/04/compleanno-facebook.jpg 630w, http://www.vitocola.it/wordpress/wp-content/uploads/2013/04/compleanno-facebook-300×150.jpg 300w, http://www.vitocola.it/wordpress/wp-content/uploads/2013/04/compleanno-facebook-100×50.jpg 100w, http://www.vitocola.it/wordpress/wp-content/uploads/2013/04/compleanno-facebook-280×140 best task management software.jpg 280w” sizes=”(max-width: 378px) 100vw, 378px” />Gli auguri di compleanno su FB sono una cosa simpatica. In primo luogo perché non c’è bisogno di uno sforzo mnemonico per ricordarsi di farli all’amico/a e poi perché raggiungi anche persone a cui non avresti potuto farglieli diversamente.

La questione interessante, invece, è quella che riguarda i ringraziamenti perché sembra che Facebook abbia indotto a una sorta di massimizzazione di tale feedback.

Ho notato che la maggior parte delle persone si regola in questo modo: se gli auguri sono pochi, allora scrivono un grazie di risposta a ciascuno nei commenti (molti li personalizzano inserendoci anche il nome dell’auguratore/trice ), se invece sono tanti ecco comparire nella propria bacheca un generale e accorato ringraziamento, del tipo “siete veramente tanti e vi ringrazio tutti“, e cose del genere…

Siccome è capitato anche a me di ricevere un bel po’ di auguri mi sono impegnato a rispondere a tutti con un “grazie, un sorriso e un mi piace” sotto ogni commento (anche se probabilmente qualcuno l’ho saltato ma solo perché quel giorno non avevo un pc a disposizione ma soltanto telefono e tablet e purtroppo le app, per queste cose, sono un po’ limitate).

Ho deciso di farlo perché ho dovuto rispondere alla seguente domanda: «se qualcuno mi augura buon compleanno incontrandomi per strada, telefonandomi, inviandomi un sms o una mail, io che faccio?»

possibili risposte:

1) non rispondo a nessuno e a fine giornata vado in piazza e mi metto a gridare con un megafono “siete veramente tanti e vi ringrazio tutti”? Ma questo presuppone che chiunque mi abbia fatto gli auguri passi da quella piazza in quel momento; ma anche se decidessi di girare tutta la città con le trombe montate sull’auto, non tutti potrebbero abitare in città e io probabilmente non riuscirei a percorrere tutte le strade.

2) Faccio stampare dei volantini e li distribuisco oppure un manifesto 3×6 col quale ringrazio tutti? Idem come per la 1, e poi c’è pure chi i manifesti non li nota nemmeno.

3) Semplicemente rispondo subito “grazie” a ognuno. Più economico e statisticamente più efficace, anche se ne salto qualcuno avrò comunque raggiunto la stragrande maggioranza degli auguratori e delle auguratrici.

Dunque ho scelto la terza opzione, certo la fatica c’è: bisogna controllare spesso chi te li fa, ma con l’avviso sullo smartphone, minimizzi il lavoro e non massimizzi il feedback.

Solar 2

La parola d’ordine è galleggiare nell’universo.

Solar 2 è un gioco sviluppato da Murudai ed  è una sorta di “mondo aperto”  dove il giocatore parte  con un asteroide e pian piano deve farlo crescere  fino a farlo diventare un buco nero.  Ma non confondetelo con un “god game” , qui siete semplicemente dei “piloti”, o dei “conducenti”, se preferite,  spingete e direzionate i pianeti e basta; anche quando questi avranno vita e lanceranno armi voi non ne avrete alcun controllo.

Quando il vostro buco nero avrà raggiunto la massa critica, assorbendo ogni atomo nell’universo, ci sarà il Big Bang e ritornerete a guidare nuovamente  un asteroide.

Ovviamente non  è tutto qui, durante il gioco dovrete compiere delle missioni, raggiungere degli  obiettivi e superare livelli di difficoltà.

Io l’ho provato sul Nexus 7 ed è davvero divertente, ma esistono versioni per tutte le piattaforme.

The Binding of Isaac

Isaac è un bambino normale e vive in una casetta su una collina. La madre, fervente cristiana, passa il tempo a guardare un canale TV cristiano.

Fin qui nulla di strano, se non il fatto che la mamma di Isaac, all’improvviso, inizia a sentire una voce che gli dice che suo figlio, purtroppo, è fuorviato dal peccato e quindi bisogna salvarlo dal male togliendogli tutti i giocattoli e i videogiochi. Ma non basta, perché la voce si ripresenta alla madre dicendogli di chiudere a chiave Isaac nella sua stanza.

Neanche questo basterà, perché la voce chiederà alla madre una prova della sua fede chiedendole di uccidere/sacrificare il figlio.

La madre prende un coltello e va verso la stanza di Isaac il quale, però, avendo visto tutto attraverso un buco della porta, scappa infilandosi in una botola che c’è nel pavimento della sua stanza, lasciando un suo disegnino appeso a una parete.

Parte così il gioco fatto da tanti livelli casuali da concludere per giungere a diversi finali.

The Binding of Isaac, ovviamente ispirato al sacrificio di Isacco, è stato considerato blasfemo e avversato per diverso tempo dai cristiani di tutto il mondo. E’ un gioco indie realizzato da McMillen (lo stesso autore di Super Meat Boy) ed è su Steam e Humble Indie Bundle già dal 2011.

Ve lo consiglio è davvero molto divertente.