Le parole che si impigliano nella rete

Francesco Forlani in un post su Nazione Indiana di qualche tempo fa a proposito di Dublinesque, l’ultimo libro di Vila-Matas, parla della rete e delle parole che vi si impigliano (nella rete appunto).

Nel citare il personaggio del romanzo di Mila-Matas ( che  “entra in molti blog per informarsi su quanto si dice dei libri che ha pubblicato. E se trova qualcuno che dice qualcosa di minimamente fastidioso, manda un post anonimo tacciando di ignorante o imbecille la persona che lo ha scritto.”) giunge a alla conclusione, semplice, che quello che era roba da critici oggi lo si fa con un un semplice commento. Praticamente, dice Forlani, è quanto accade su Anobii, dove dominano i “lettori critici amatoriali” i quali instaurano una “dittatura terribile quella dei lettori critici“: “per intenderci, si possono trovare I fiori del male o Aspettando Godot, quotati con una sola stellina di gradimento.

E meno male che a Forliani non è nota l’evoluzione delle social-librerie; chissà cosa ne avrebbe pensato del “salto quantico” descritto da Giuseppe nel passaggio a Goodreads.

Ma giustamente, ci suggerisce Dublinesque, il funerale (se proprio di morte si deve parlare) al massimo potrebbe essere dei libri non certo della letteratura che è “qualcosa di più dei libri“. In fondo, il destino del libro è  “un oltre”…..

Quando la ricerca sparisce

Senza i motori di ricerca il web certamente non sarebbe  quello che è e la loro evoluzione ha fatto (e che ci piaccia o no,  continuano a farlo) la storia di molte delle nostre scelte al di là del web. Dunque le variazioni e gli “esperimenti” di Google non sono proprio poca cosa e le sue tendenze diventeranno le nostre, inevitabilmente, almeno per il momento.

Ma quali sono queste tendenze?

Se pensate alla ricerca siete lontani o quantomeno poco vicini, in realtà il lavoro dei search engine ha più a che fare con l’euristica. Quello che all’inizio era information retrieval (recuperare informazioni e renderle disponibili in un certo formato) diventa ben presto soltanto recupero e catalogazione. E che ne è del “ricercatore” ? Semplice, la ricerca viene trasformata in “richiesta” e a chi chiede non si offrono risultati ma si danno risposte.  La cosa mi fa venire in mente una vecchia battuta sulla differenza tra filosofia e politica: la prima è scienza delle domande e la seconda delle risposte…  Quindi Google deve risponde continuamente a delle domande e per farlo in modo efficiente ed efficace deve effettuare ancora uno spostamento di asse, su quello del riferimento, deve passare dal nostro mondo a un mondo altro attraverso un metamondo, quello proprio dell’engine. Qui il motore si personalizza e si assume in proprio il problema dell’uomo: “ottenere risposte efficienti ed efficaci”, ovvero veloci e verosimili. Come fare questo? Non certo con la scienza e neanche  con l’empirismo, le cose si farebbero troppo lunghe e l’interesse nella richiesta cadrebbe nell’oblio è molto più semplice risalire alla radice delle risposte immediate (e verosimilmente le uniche possibili)  ovvero trasportare il tutto verso il concetto di mito e di religione (terzo spostamento di asse).

E’ in questo mondo che si danno le risposte che sono le uniche possibili ed è in questo mondo che si accettano le risposte conformandole e adeguandole alle domande. Ecco l’ultimo spostamento, quello finale:  partire dalle risposte per arrivare alle domande. E’ risaputo che dopo aver scritto la nostra domanda non andiamo oltre la prima pagina delle risposte e su questo si è fondata “la vendita delle risposte” ovvero la fabbrica del “posizionamento”.

E’ ovvio a questo punto che l’unica parola-chiave dei motori sia “velocità”.  E qual è la maggiore velocità raggiungibile da un motore di ricerca?   In un certo senso quella della luce, ovvero anticipare la domanda. E’ quanto accade da un po’ di tempo con Google che velocità le risposte suggerendoti la domanda per ogni sillaba trascritta e, sempre più veloce,  anticipandoci l’idea stessa che ci saremmo formati della domanda. La visualizzazione dell’anteprima nella pagina dei risultati (la cosiddetta serp) rende sostanza, materializza il concetto di domanda: la rende visibile, reale e sostanziale alla nostra percezione, dunque reale e possibile. Avremo la sensazione che il motore abbia letto bene le nostre intenzioni e sappia esattamente cosa cercavamo (il trasferimento è completato).

Ecco il senso dell’ultima applicazione di Google (in qualche modo già sperimentata da Bing) continuare nell’espansione del dominio delle risposte restringendo sempre di più quello delle domande.

E la ricerca? No, quella… è sparita da tempo.