(me) too blog

Qualche tempo fa,  forse un po’ incazzato per qualcosa,  scrivevo di blog, o meglio accennavo qualcosa sui blog personali e ricordo di aver letto nello stesso periodo riflessioni simili come questa e altre ancora.

Ma ne è passato di tempo, perché parlarne adesso ?

Perché è un momento “buono” per riflettere, come Wittgenstein tra le bombe e le pallottole.  Di quale bombe o pallottole parlo ? Ma di Facebook e di qualcuno che, senza girarci tanto intorno,  mi ha chiesto il motivo per cui io continui a scrivere, aggiornare e riflettere attraverso un weblog.

Potrei rispondere con semplicità che sono fatti miei, ma non è educato e poi non è neanche  vero.  Io non ci credo a quelli che s’inventano fantasie solitarie, del tipo: “scrivo per me stesso e se qualcuno mi legge peggio per lui/lei”.  Che senso avrebbe avere uno strumento condiviso e aperto nella rete se non si vuol essere letti o addirittura trovati ? (ho sempre pensato che tutti quelli che “tenevano un diario” intimamente speravano che qualcuno, prima o poi, glielo leggesse).  Beh, che vi piaccia o no, il blog è un’esposizione di noi stessi, del nostro pensiero, di quello che siamo o che vorremmo far credere di essere.  Ed è proprio a causa di questa esposizione che spesso i blog vacillano e arrancano. Non ho numeri statistici (non li ho neanche ricercati) ma ho visto blog fermi da un anno con i loro curatori che si sfrenano in Facebook a parte, forse, 140 caratteri in twitter e qualche link e qualche foto sparsa o replicata tra FriendFeed e Tumblr. Insomma se una buona parte di blog “va a puttane” grazie a social network “sovra-super-esposizionali” allora questi blogger non erano proprio una “categoria”.  Anche quando si comportavano come una categoria, rivendicando questo e quello, correndo dietro alle stesse cose, facendo risse iperboliche e polemiche approssimative, non erano una classe. Forse l’unica cosa che li accomunava (e continua ancora a tenerne insieme un po’) era il principio del gioco attraverso la misurazione.  Ecco dove i blogger fanno categoria, nel misurarselo (ce l’ho più lungo). Per tutto il resto sono persone con tanta voglia di scrivere e di raccontare e (a parte quelli che lo facevano e continuano a farlo perchè scrivere o vendere è il loro mestiere) per i quali un weblog è un luogo adatto per farsi trovare e per tentare timide o sfacciate presentazioni.

Ora c’è Facebook. Si potrebbe non aver bisogno di tutto questo.  Si scrive ugualmente un post ma con una forza in più perchè puoi taggare direttamente tra i tuoi contatti e, in qualche modo, obbligarli a venirti a leggere. Metti le immagini che vuoi, linki e condividi link di ogni tipo e ricevi anche il “mi piace”. Parli e discuti anche con quelli che il blog non l’hanno mai conosciuto. Puoi creare gruppi e riunire persone che amano parlare anche del “sesso degli angeli” e se vuoi crei anche un evento associato. Ricevi la posta e anche gli aggiornamenti sulle pagine che ti interessano. Giochi e inviti i tuoi amici a giocare con te.

Insomma che c’è di meglio di Facebook ?

Perchè non chiudo questo blog per il quale devo anche spendere non poco tempo ad aggiornare versioni e plugin, modificare temi e inserire widget ?

Perchè il blog è casa mia e Facebook è la strada, la piazza affollata su cui si affacciano anche le finestre del mio blog. E voglio tenerli insieme, uniti e separati. Perchè in piazza incontro tutti: vicini, conoscenti, amici con i quali posso parlare della partita della domenica e di donne ma anche di politica e filosofia; ma a casa vengono soltanto gli amici quelli che fanno le scale a piedi e vengono a suonarti alla porta soltanto per il piacere di stare con te e per trascorrere una serata di chiacchiere d’avanti a un bicchiere di vino.

Ecco perchè, perchè il blog è casa mia.

Reuters/Second Life » Registered for Facebook under your avatar name? That’s a ban.

Registered for Facebook under your avatar name? That’s a ban.

Thu Sep 25, 2008 3:11pm PDT

By Eric Reuters

Many Second Life users cherish their avatar identity so highly they sign up for other online networks, like LinkedIn or Twitter, under their avatar name. But Second Life enthusiasts who register for Facebook under their avatar name should watch out: the Syndey Morning Herald is reporting Facebook is terminating accounts it suspects don’t represent real-life names.

The SMH follows the story of Sydneysider Elmo Keep, who got banned from the site with no warning when Facebook officials suspected her name (which is real) was fake. Only by supplying copies of government-issued identity documents to Facebook was she able to get her account restored.

Valleywag has video of Facebook COO Sheryl Sandberg laying down the law. “You can’t be on Facebook without being yourself,” Sandberg says. “We kick you off.”

How many Facebook users are registered under their Second Life name, and could be banned at any moment under the policy? It’s impossible to tell, but even a casual search reveals that there could be more than a handful.

Got a Second Life scoop?
You can meet the reporter in Second Life!
Eric Reuters holds office hours in the Reuters Auditorium on Tuesdays at 8:00 am SLT.

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postpoll – Veltroni omicida del Pd: il j'accuse di Bersani

Veltroni omicida del Pd: il j’accuse di Bersani
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Scritto da Manuela Bruschini
Gio 23 Luglio 2009

E alla fine anche all’interno del partito ‘leggero’, uscendo bruscamente dalle liturgie nuoviste e post-ideologiche del veltronismo imperante, una voce diversa si è levata.
Attacca Bersani,lui che tanti accusano di rappresentare ‘il vecchio’, il passato ideologico, e lo fa con parole chiare, capaci dunque di assumere un significato. Era ora.
Veltroni, il demiurgo del PD, il grande sognatore che ne ha plasmato l’ineffabile novità, è stato anche e soprattutto il suo distruttore. Ha distrutto il PD, creandolo, perché ha interpretato come puro nuovismo emozionale, pubblicitario, la cosiddetta ‘vocazione maggioritaria’ che il nuovo partito intendeva avere. Perché ha preferito le sirene del leaderismo mediatico al confronto politico ampio, partecipato dalla base e dai militanti. Veltroni, dice Bersani, “ha disperso un patrimonio immenso”, ed è colpevole pure di aver posto fine all’Ulivo.
Le conseguenze del j’accuse di Bersani sono chiare: stando alle sue parole, Veltroni ha contribuito a creare non un partito, ma una struttura-fantasma, incapace di avere un’identità, dove la sovranità non è demandata agli iscritti, e neppure ai più burocratici organismi gestionali, ma al capo-sovrano che riproduce il fantasma e sostanzia la realtà del collettivo nella sua immagine personale. E tutto questo, si dice finalmente dall’interno del PD, è profondamente sbagliato.
Il modo in cui il PD è stato creato e conformato ha fatto sì, finora, che non esistesse il PD. Dunque il partito democratico ancora non esiste. I n tanti, nel mondo concreto , nella sinistra reale, se n’eravano accorti da un pezzo. Finalmente qualcuno comincia a capire, e parlare, anche da dall’interno della non-struttura. PD è il partito che non c’era. Che ci sarà un domani, forse, soltanto rinnegando completamente i presupposti sui quali è stato creato. Il PD sarà soltanto se smetterà di essere se stesso.
E’ un’ironia perfettamente coerente al dominio dell’immagine sulla parola, dell’emozione sulla storia, dell’etichetta-slogan sulla concretezza dei legami umani e politici che ha animato finora il virtuale partito democratico italiano.

http://manuelabruschini.blogspot.com/

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